Una dimensione più ampia

Nel dibattito in corso sull‘unicità della Shoah viene imputato a molti ebrei di essere testimoni di una cultura nazionale, in contrapposizione ad altre culture “universali”. La contrapposizione tra universalismo e particolarismo è per molti versi una lettura della realtà estranea alla Tradizione ebraica per la quale non esiste una dicotomia tra universale e particolare. Dalla Torah in avanti i nostri testi presentano i protagonisti come archetipi di paradigmi identitari e culturali. Dobbiamo immaginare di guardare ai personaggi e agli episodi come in un enorme caleidoscopio. Quando la Torah parla di un personaggio particolare è come se facesse uno zoom su una parte di uno scenario universale. Perciò quando si parla del popolo ebraico e delle altre nazioni si designano due protagonisti di un confronto in cui ciascuno assume un’identità ancorata a un percorso specifico e la cui rappresentazione è anche una diversa modalità di leggere il mondo e di interpretare eventi della storia. Non dimentichiamo che Avràm, Abramo, estende il suo nome diventando Avraham, padre di numerose genti, un autentico precursore dell’universalismo, solamente dopo avere cercato una sua dimensione individuale e particolare. La dimensione universale, nella tradizione ebraica, non può essere raggiunta se prima non si individua la propria ipseità. “…Il linguaggio è un rapporto tra termini separati…” scrive E. Lévinas in Totalità e Infinito (Jaca Book 1983). Ma si sa, del resto, è molto più facile “amare il mondo intero” che il proprio vicino di casa con il quale si deve convivere giorno dopo giorno. Credo che il dibattito in corso sull’unicità della Shoah, al di là degli studi storici di cui non sono esperto, può essere compreso solo alla luce di una dimensione più ampia e in termini più generali sull’unicità della storia ebraica. E qui la dialettica tra i diversi interlocutori rischia di arrestarsi, almeno per molti ebrei, perché si inserisce un punto che indubbiamente concerne la fede in una regia trascendentale della nostra storia e nel riconoscimento della miracolosa sopravvivenza del popolo ebraico e della sua resilienza culturale e religiosa nonostante le sofferenze inflitte dalla storia universale.

Rav Roberto Della Rocca

(1 settembre 2020)