Oriente e Occidente
Lo vediamo anche in questi giorni di intenso e spesso surreale dibattito sulla riapertura delle scuole: la pandemia in atto ha riportato sotto i riflettori l’antica relazione fra Oriente ed Occidente. Ad oggi sembra che il modello collettivista orientale, anche al di là dei diversi sistemi politici, si sia dimostrato il più efficiente, probabilmente perché prevede, che si chiami confucianesimo o mobilitazione di massa, una partecipazione attiva della cittadinanza alle politiche di contenimento del virus. Il rapporto fra Oriente ed Occidente ha vissuto molte stagioni, momenti in cui ha prevalso l’uno si sono alternati a periodi opposti. Ciò che appare costante è l’interpretazione di questo rapporto in termini di asimmetria. Spesso le differenze registrate fra i due modelli hanno fissato delle gerarchie, per cui l’uno è stato visto come superiore all’altro. Naturalmente, quando si ragiona per macro categorie si corre il rischio di astrazioni. In realtà, lo abbiamo anche visto in questi mesi segnati dal virus, una linea di demarcazione netta è impossibile da tracciare: c’è un po’ di Oriente in Occidente e viceversa. Forse è giunto il tempo di sostituire l’asimmetria con la complementarietà, riconoscendo di essere tutti compresi in una dialettica che oscilla fra centro e periferia, fra gerarchia e autonomia, fra necessità e libertà. Anche perché l’asimmetria ha dei rischi: a suo modo Hitler è stato un appassionato orientalista.
Davide Assael