Ambasciate a Gerusalemme

La normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo non costituisce soltanto un altro successo della diplomazia americana; un successo che mette sempre più in evidenza la contraddizione tra la capacità USA di continuare a svolgere un ruolo decisivo nel quadro internazionale e le difficoltà che l’amministrazione Trump incontra sul piano interno. L’accordo è importante anche perché ad esso ha partecipato il primo ministro israeliano Netanyahu che ha ottenuto anch’egli due importanti successi: la ribadita affermazione che Hezbollah costituisce un’organizzazione terroristica e soprattutto la dichiarazione che i due Stati balcanici stabiliranno le loro ambasciate a Gerusalemme.
Molti osservatori hanno messo in evidenza che la Serbia è il primo Stato europeo a compiere un passo del genere, anzi va sottolineato che la Serbia è un Paese candidato a entrare nell’Unione Europea; è stato anche rilevato che il Kosovo è uno Stato la cui popolazione è in maggioranza musulmana anche se non va dimenticato che l’Islam europeo ha caratteristiche, sul piano politico, diverse dall’Islam mediorientale. Ma è soprattutto la decisione della Serbia che mette in evidenza le contraddizioni dell’Unione Europea che vorrebbe svolgere un ruolo attivo e di mediazione nel quadro mediorientale per poi contraddire questa sua volontà mantenendo una posizione ostile allo Stato ebraico.
Il rifiuto di spostare le proprie ambasciate nella capitale dello Stato d’Israele è infatti un atto di ostilità da parte dell’Unione Europea e dei Paesi che ne fanno parte. Come è stato rilevato più volte, lo spostamento delle ambasciate nella parte di Gerusalemme che è dal 1948 incontestabilmente israeliana – dove si trovano tutte le istituzioni politiche e culturali dello Stato ebraico, dalla residenza del Capo dello Stato a quella del Governo, dalla Knesset alla Corte Suprema, dallo Yad Vashem all’Israel Museum, per citarne solo alcune – non comporterebbe automaticamente il riconoscimento dell’annessione della parte est della città e la creazione di una municipalità unica. Continuare a ignorare il fatto che ogni Stato ha il diritto di stabilire la capitale nella parte del proprio territorio che ritiene rappresenti la propria identità è, ripetiamo, un atto di ostilità che non ha precedenti storici. Lo stesso rifiuto che alcune potenze cattoliche espressero nell’800 nel riconoscere in Roma la capitale del Regno d’Italia durò un periodo abbastanza breve dopo di che la situazione si normalizzò.
Dal loro punto di vista può avere una logica il rifiuto di alcuni Stati islamici che non riconoscono l’esistenza dello Stato d’Israele, una posizione che, come testimoniano i recenti avvenimenti, si sta sempre più logorando. Ma quello che è incomprensibile e inaccettabile è che gli Stati europei riconoscano lo Stato d’Israele e intrattengano con esso regolari rapporti, e rifiutino di riconoscere la sua capitale. Una posizione che adombra il rifiuto di riconoscere il carattere ebraico di Gerusalemme, una tesi sostenuta soltanto dalla parte più estremistica del mondo islamico.
Per questo la decisione della Serbia equivale al famoso grido “il re è nudo”. I Paesi europei sono adesso nudi di fronte alle loro contraddizioni ed è possibile che prima o poi qualcuno voglia uscire da questa impasse.

Valentino Baldacci