Israele, un nuovo lockdown si avvicina

Oltre mille sedie vuote collocate al centro di piazza Rabin, a Tel Aviv. Ciascuna a rappresentare una delle vittime del coronavirus in Israele, salite a 1086 in queste ore. Una forma di protesta silenziosa contro il governo di Gerusalemme e la sua gestione della crisi sanitaria. “Le sedie vuote rappresentano le sedie ai tavoli delle feste che rimarranno vuote a causa del virus e della cattiva gestione della crisi sanitaria”, hanno dichiarato ai media israeliani gli organizzatori dell’installazione, il movimento Standing Together. Un gesto che rappresenta la rabbia e il disorientamento di molti israeliani di fronte a un’emergenza che non solo non dà tregua ma peggiora nei numeri dei contagi e delle vittime: questa settimana si è raggiunto il record di 4429 nuovi positivi in un giorno e la Commissione governativa sul coronavirus ha deciso nelle scorse ore di imporre un lockdown completo di due settimane in tutto il Paese a partire dalla prossima settimana, alla vigilia di Rosh HaShanah, il Capodanno ebraico. Domenica sarà presa una decisione definitiva a riguardo. La nuova chiusura dovrebbe essere divisa in tre fasi: per la prima, le persone saranno confinate in un raggio di 500 metri da casa loro, con tutte le scuole (ad eccezione dell’istruzione speciale) e le imprese non essenziali chiuse. I ristoranti saranno autorizzati a gestire solo il servizio di consegna. Nella seconda fase, ad alcuni lavoratori sarà permesso di tornare al lavoro e saranno vietati solo gli spostamenti tra le città. La terza fase vedrà un pieno ritorno al piano dei semafori, ideato dal commissario al coronavirus Ronni Gamtzu, che impone restrizioni solo nelle zone ad alta infezione. Secondo i media israeliani, i ministri dei partiti haredi Yaakov Litzman (Yahadut HaTorah) e Aryeh Deri (Shas) hanno fatto pressione sul Premier Benjamin Netanyahu affinché si adotti una politica separata che consenta le preghiere al chiuso durante le solennità ebraiche, anche in caso di isolamento. La richiesta è che tutte le sinagoghe siano trattate come se fossero i luoghi “arancioni” del “piano dei semafori” di Gamzu, che attualmente consente il raduno al coperto per massimo 25 persone. Un’idea che lo stesso Netanyahu ha scartato.
Il tema del virus rimane così al centro delle cronache, facendo scivolare un po’ in secondo piano la notizia che il 15 settembre sarà firmato a Washington l’accordo di normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Un’intesa dal significato storico, facilitata dalla Casa Bianche e significativa vetrina per il presidente Usa Donald Trump in vista delle elezioni di novembre. Per allora il presidente vorrebbe avere in tasca anche un vaccino contro il coronavirus ma le notizie su questo fronte non sono incoraggianti. L’azienda farmaceutica AstraZeneca ha messo in pausa i test sul suo vaccino sperimentale contro il coronavirus, dopo che uno dei partecipanti ha mostrato i segni di una reazione avversa. In collaborazione con l’Oxford Vaccine Group dell’Università di Oxford, questo progetto era considerato uno dei più promettenti. L’inciampo potrebbe essere provvisorio ma rappresenta in ogni caso un avvertimento per tutti coloro che partecipano a questa corsa globale al vaccino, tra cui i laboratori israeliani, a non accelerare i tempi. L’israeliano Tal Zacks, direttore medico dell’azienda farmaceutica Moderna, ha previsto – in un’intervista a Israel Hayom – che non sarà molto difficile avere un vaccino entro il prossimo inverno, e anche se così fosse, “la produzione non sarebbe comunque sufficiente per vaccinare la popolazione in modo significativo”. Nella fase tre, ma accolto con scetticismo, è anche la sperimentazione del vaccino russo, a cui collabora anche l’Hadassah Medical Center di Gerusalemme. “Trattatelo con scetticismo ma il vaccino russo è reale, è vero. Questa settimana abbiamo iniziato a reclutare i volontari della Fase 3 per il vaccino russo all’Hadassah di Mosca”, ha spiegato alla radio israeliana 103 il professor Zeev Rotstein, ad dell’Hadassah. Alla domanda netta dei giornalisti: “Si fida dei russi che sviluppano il vaccino e che la produzione rispettera i requisiti della FDA?”, Rotstein ha esplicitamente detto di sì. “Ho molta fiducia”.

Daniel Reichel

(Nell’immagine, l’installazione a Tel Aviv fotografata dal giornalista Or David)