La Storia ci guarda

Un articolo risalente di Celeste Pavoncello Piperno (“La Nostra Bandiera: l’adesione agli «ideali» fascisti di un gruppo di ebrei italiani”, La Rassegna Mensile di Israel, Terza serie, Vol. 48, No. 7/12, 1982, p 15 ss.) dimostra che trentotto anni non sono tanti, se poi, vichianamente, troviamo corsi e ricorsi non dovuti di certo all’accoglimento dell’una o dell’altra filosofia, bensì alle alterne vicende del popolo ebraico.
La vicenda ha inizio nel marzo 1934 a Torino, quando furono arrestati diversi antifascisti, una parte dei quali erano ebrei. Onde arginare alcune voci antisemite, Ettore Ovazza, il quale ne fu sconvolto, al punto di mandare un telegramma di condanna a Benito Mussolini, si diede da fare perché la Comunità israelitica torinese condannasse gli ebrei antifascisti (cfr. Alexander Stille, Benevolence and Betrayal, N.Y., 1991, p. 49 ss.).
Indi, nel maggio 1934 lo stesso Ovazza fonda il periodico fascista ed antisionista La Nostra Bandiera “col recondito scopo di divenire, attraverso una fase transitoria con l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, il legittimo rappresentante dell’Ebraismo italiano” (Pavoncello Piperno, cit., p. 16) nella “lotta al sionismo e adesione al fascismo” (id., p.17). Pitigrilli, intanto, scrive all’OVRA che “nessuno prende sul serio La Nostra Bandiera” (Stille, cit., p. 115). Nel 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, Karl Marx aveva scritto che “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”, quindi, questa storia non si può ripetere. Volendo, potremmo pure ipotizzare la figura di qualche epigono con lo scolapasta in testa al posto dell’elmetto, ma giusto quello.
Naturalmente, al regime non interessò affatto questa chiamata alle armi degli ebrei fascisti, un palese atto di servilismo da inquadrare nella categoria dei doni all’orco che, con l’emanazione delle leggi razziali, ebbe sia il crollo definitivo che la dimostrazione della sua inutilità.
Quanto ad Ettore Ovazza, costui viene ricordato “per il suo ingenuo fascismo viscerale e integrale, quasi a sottolineare la stranezza e la peculiarità di ebreo “asemita” o “antisemita” nel bel mezzo della temperie interbellica [quello che il coevo intellettuale ebreo Theodor Lessing avrebbe definito come ebreo che odia se stesso” – Vincenzo Pinto, L’ebreo «fascistissimo», Il fascismo ingenuo, estetico e sentimentale di Ettore Ovazza (1892-1943), Nuova Storia Contemporanea, settembre/ottobre 2011, p.52].
Le idee del povero Ovazza (finì massacrato dai nazisti, con tutta la famiglia) erano oltremodo bizzarre, se non addirittura lunatiche, laddove faceva risalire i principî essenziali del fascismo alle antiche dottrine ebraiche, riprese e modernizzate dal Vangelo (riferisce in questi termini, Pinto, cit., p. 63.) e sosteneva che la romanità non avesse distrutto l’ebraicità ma che invece ne avesse universalizzato il messaggio (Pinto, cit., p. 66).
A noi non meraviglia più di tanto l’intento di annacquare l’ebraismo nel fascismo, perché lo si riscontra, in modo speculare, nell’intento del Bund di annacquare l’ebraismo nel comunismo. A quest’ultimo riguardo, per capire i guasti del totalitarismo, converrebbe tenere con sé in luogo visibile la foto del generale nazista Heinz Guderian assieme al comandante sovietico Semyon Krivoshein, figlio di ebrei, il 22 settembre 1939 a Brest – Litovsk, in una parata congiunta dopo la spartizione della Polonia; il tutto è negli archivi di Yad Vashem.
La prima lezione che potremmo trarre dalle vicende de “La Nostra Bandiera” è che le bizzarrie e le tesi bislacche non si attagliano neanche ai romanzi; figurarsi alla realtà.
La seconda lezione è che essere assimilazionisti ad oltranza rimanendo formalmente ebrei, più che un’utopia è semplicemente una sciocchezza (vedi citazioni, anche di Renzo De Felice, in: Luca Ventura, Il Gruppo de “La Nostra Bandiera” di fronte all’antisemitismo fascista, Studi Storici, Anno 41, No. 3, Luglio – Settembre 2000, p. 711 ss).
La terza lezione sarebbe questa: sferzare i correligionari per scacciare l’antisemitismo è una tesi simpatica perché apotropaica, ma non necessariamente geniale, perché il copione è inevitabilmente scritto dagli antisemiti.
Infine, alla luce dell’alluvionale bibliografia sull’ebraismo italiano, la quarta lezione sconsiglierebbe d’impegnarsi in avventure dalla base malferma o peggio, perché la storia – incredibile a dirsi – ci guarda.

Emanuele Calò, giurista