Liliana Segre e il referendum:
“Mi sono orientata per il no”

“Sono entrata al Senato in punta di piedi, onorata e sorpresa della scelta del Presidente Mattarella che, come ho sottolineato più volte, ha un profondo valore simbolico e trascende la mia persona. Sono entrata come si entra in un tempio perché il Parlamento è l’espressione più alta della democrazia. Quindi, sentir parlare di questa istituzione che fa parte della mia religione civile come se tutto si riducesse a costi e poltrone, è qualcosa che proprio non mi appartiene”. 
Liliana Segre motiva con queste parole, in una intervista con Repubblica, la scelta di votare no al referendum. Numerosi i temi affrontati nel colloquio: dalla riapertura delle scuole al futuro della commissione contro l’odio di cui è l’anima. La senatrice a vita conferma inoltre la sua volontà di non proseguire con la testimonianza pubblica sulla Shoah. “Da fuori – spiega – forse si avverte solo la fatica di ripetere sempre la stessa vicenda, ma è altro, è un logoramento psichico difficile da spiegare, da un lato c’è nel testimone la necessità liberatoria del dovere compiuto, ma dall’altro lato c’è il rischio costante dello sdoppiamento. C’è una Liliana di oggi, che ogni volta ricordando i fatti guarda con pena infinita la Liliana di allora, come una nonna guarda una nipotina cara, e la obbliga a ripiombare in quell’orrore, reprimendo come faceva allora l’urlo che le cova dentro. Raggiunti ormai i 90 anni, devo rassegnarmi a rispettare i limiti della mia fragilità”. 
Della commissione parla anche il Corriere, sottolineando l’incertezza della senatrice sull’assunzione o meno della sua presidenza. A costringerla a fare un ragionamento, si legge, “le difficoltà dovute all’età e ad alcuni problemi di salute che nei mesi scorsi l’hanno anche costretta a restare lontana dal Parlamento”. 

Antonio Scurati, in una intervista con 7 del Corriere, presenta il secondo volume della sua trilogia su Mussolini di prossima uscita. Al centro de L’uomo della provvidenza gli anni che vanno dal 1925 al 1932. Spiega lo scrittore: “In M1 racconto il corpo violento ed erotizzato, in M2 il corpo diventa mistico, trasfigura in un simulacro impalpabile perché si materializza nei busti, nei filmati Luce: ma è un corpo malato, afflitto da ulcera duodenale per tutta la sua vita politica adulta”. La politica fascista come malattia si iscrive così “non solo nel corpo del Paese, ma pure nel corpo di Mussolini”. 

Inizia stasera, al tramonto, l’anno ebraico 5781. 
Riflette attorno a questa data David Grossman, noto scrittore israeliano. In un intervento su Repubblica assai negativo il suo bilancio dell’azione politica del premier Benjamin Netanyahu. Scrive infatti Grossman: “Tiro a indovinare: se gli israeliani dovessero rispondere onestamente alla domanda ‘cosa vi augurate per il nuovo anno?’. A parte, ovviamente, la salute, immagino che molti di loro, inclusi i sostenitori di Netanyahu, risponderebbero semplicemente: una vita stabile, tranquilla, sicura, in cui non vi sia corruzione e si percepisca la presenza di un governo, della legge”. 

Altre riflessioni su Rosh haShanah. Abraham Skorka, il rabbino argentino grande amico di Bergoglio, firma un intervento sull’Osservatore Romano. “All’inizio del Nuovo Anno – vi si legge – noi ebrei chiediamo a Dio di giudicare l’umanità con misericordia e benevolenza, avvertendo la presenza di tutti anche in un tempo di distanziamento sociale”. 
Il Corriere Roma pubblica un testo della presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, che ha come tema anche la non contrapposizione tra religione e scienza: “Mentre aspettiamo che gli scienziati facciano il loro lavoro per lo sviluppo di un vaccino, noi preghiamo, così come insegnano i nostri maestri, affinché questo anno finisca con le sue maledizioni e inizi con le sue benedizioni”. 

In una intervista con Il Fatto Quotidiano Meret Meyer parla del nonno, il grande pittore Marc Chagall. Una domanda verte sulla trattazione, nelle sue opere, di temi religiosi. Dice la nipote: “Geremia, David, Gesù vengono inseriti in uno sviluppo narrativo carico di simboli: bandiere rosse della rivoluzione, una sinagoga data alle fiamme, la Torah gettata a terra nel fuoco, un vecchio che scappa portando con sé un rotolo sacro. Tutti messaggi di denuncia politica celati dietro uno stile fantastico”. 

Possibilità di ottenere la cittadinanza per i discendenti degli ebrei sopravvissuti alla Shoah. La legge varata dal governo austriaco segna un deciso cambio di passo sulle tante ombre di quegli anni. “L’Austria – si ricorda sul Venerdì – è stata per decenni riluttante, omertosa nel fare i conti con quel passato. Colpa, anche, di una distorsione storica clamorosa. Nella Dichiarazione di Mosca del 1943 furono gli Alleati, che stavano sconfiggendo i fascismi in Europa, a scrivere nero su bianco che l’Austria ‘è stato il primo Paese a cadere vittima delle politiche di aggressione di Hitler’ e a dichiarare ‘nulla’ l’adesione volontaria alla Germania nazista”. 
Una narrazione vittimistica dietro la quale, viene spiegato, “Vienna si è nascosta per decenni”. 

Anche Repubblica parla oggi del possibile passaggio del Beitar Gerusalemme, club la cui tifoseria si è spesso distinta per razzismo anti-arabo, a un imprenditore di Abu Dhabi. Così l’attuale proprietario Moshe Hogeg, che presto sarà negli Emirati per portare avanti la trattativa: “Abbiamo condotto un sondaggio tra il nostro pubblico e il 92% è a favore. È fantastico. Se andrà in porto, dovremo confrontarci con quell’8%, ma non ho dubbi che vinceremo: sono dei miseri razzisti oscurantisti, che utilizzano slogan irrazionali come ‘Beitar pura per sempre'”. 

Interpellato da un lettore, Aldo Cazzullo (Corriere) dice la sua sugli accordi tra Israele, Emirati e Bahrein siglati a Washington: “Quando due o più Paesi firmano un trattato, è sempre una buona notizia, e un successo per il mediatore: in questo caso, Donald Trump. Tuttavia dietro la ‘pace di Abramo’ c’è anche, fin dal nome, un po’ di retorica”. Per Cazzullo a pesare in negativo è anche il fatto che i palestinesi, pur avendo commesso vari “errori” e “crimini”, siano stati “abbandonati” dalla comunità internazionale. 

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(18 settembre 2020)