Passerò lì, dove
si può rinnovare il tempo

Una settimana fa è mancato Amos Luzzatto z”l. Era il 9 settembre, esattamente ottant’anni dopo il bombardamento italiano di Tel Aviv che distrusse la casa dove abitava, in Rechov Frischman, lasciandolo miracolosamente illeso. Ha potuto vivere ancora molti anni, per nostra fortuna. Qualche settimana fa, a metà luglio, Amos mi ha parlato e le sue parole hanno ispirato una riflessione che mi piace condividere con i lettori di questo giornale. Che il suo ricordo sia di benedizione per questo nuovo anno che si apre, Shanah Tovà.

Amos Luzzatto, classe 1928, è mio padre. Da diverso tempo è con noi solo raramente. La sua mente si è progressivamente chiusa in un mondo a parte e viaggia esplorando dimensioni che noi possiamo solo intuire. I suoi occhi buoni, spesso sornioni, ogni tanto tornano a guardare il nostro presente, ma di regola ormai sono chiusi o non vedono quel che noi vediamo o crediamo di vedere. In uno dei pochi momenti di comunicazione almeno in apparenza coerente assume il cipiglio del dirigente di un tempo e detta un messaggio al mondo: “Scrivi!”. Così, fra parole che paiono poco centrate e neologismi fantasiosi che emergono da scambi elettrici intermittenti e inusuali che attraversano neuroni, sinapsi e cellule gliali, ecco la frase stupefacente che si staglia netta nella sua grandiosità: “Passerò lì, dove si può rinnovare il tempo”.
Nella sua vita di esegeta (ne ha avute altre: chirurgo, politico, presidente, insegnante) Amos ha mostrato con l’esempio che le frasi vanno scomposte e analizzate parola per parola, a volte lettera per lettera, per poterne cogliere la profondità e i nessi. Nulla è detto o scritto a caso, e io sono certo che anche questa frase, apparentemente estemporanea, provenga da mondi a noi preclusi e vada colta nella sua essenza. D’altra parte Amos è nipote di Dante Lattes, a sua volta allievo prediletto di Elia Benamozegh. Esponenti di un misticismo non schiavo di superstizioni, disposto a cogliere i nessi fra le parole e le complicate e insondate dimensioni spaziotemporali nelle quali la fisica e la matematica contemporanee cercano di spingersi. Ed era naturalmente anche pronipote di Shadal, quel Samuel David Luzzatto che aveva fatto dell’analisi razionale ed esatta delle corrispondenze linguistiche il principale strumento per interpretare correttamente le scritture. È quasi un dovere, quindi, non lasciare che queste parole restino lì, ma trovino un loro sviluppo e una loro contestualizzazione. All’Amos lucido e razionale sarebbe piaciuto questo esercizio, e a me rimane come compito ineludibile, tributo filiale da tentare almeno per ragioni di coerenza.
La frase si pone come strumento critico per sondare la dimensione Spazio-Tempo. Usa il futuro, e usa indicazioni di luogo. Si dà una prospettiva (che forza, a novantadue anni pensare al futuro!) e ci indica l’esistenza di un luogo dove le normali e conosciute dinamiche della fisica potrebbero non essere più sufficienti. Un posto dove il tempo si può “rinnovare”. Un verbo nella forma infinita. Rinnovare potrebbe essere inteso come modo per vivere nuovamente esperienze del passato. Una nostalgia di momenti vissuti che si vorrebbero riproporre. Io ne ho una lista lunga, se solo si potesse. Per limitarmi a me e a lui – io figlio, lui padre – non so cosa darei per poter tornare bambino e montare in macchina e andare a vedere gli aerei decollare e atterrare sulla terrazza dell’aeroporto di Tessera, o giocare a nascondino nel labirinto mistico di villa Pisani a Stra, oppure discutere passeggiando con i piedi a mollo sulla spiaggia del Lido. E che dire delle partite a scacchi in campeggio a Umago o a Poreč, o l’ascolto delle fantasmagoriche avventure di Druk figlio di Luk di Concobello che ci coccolavano nei viaggi in macchina nelle terre dell’est Europa.
Ma Rinnovare può anche essere inteso in senso effettivamente innovativo: vivere un altro tempo, e nuovo. Amos non è mai stato un nostalgico. Non ama i cimiteri, avrà visitato forse due volte la tomba di sua madre, la nonna Lina. La sua freccia del tempo è rivolta al futuro. Lo è sempre stata: politicamente e culturalmente. Una continua ricerca, in prospettiva. Credo che sia lì che mi volesse indirizzare con quelle parole. Rinnovare il tempo significherebbe allora migliorare il tempo presente e identificare possibili percorsi futuri.
Esiste poi, credo, una terza accezione che ha spinto Amos a pronunciare quelle parole dando loro il significato che meritano. Nel suo presente la condizione di vita è legata a una dipendenza che lo rende vulnerabile. L’udito non lo assiste più, una limitazione che gli ha via via precluso l’esercizio che più amava, vale a dire il rapporto di dialogo con le altre persone. Ne è seguita una progressiva e sempre più rapida perdita di interesse per le cose contingenti del mondo. Niente più lettura di giornali, definitiva chiusura di ogni tipo di rapporto con gli apparati elettronici, dal televisore al computer al telefono cellulare. Assistito in un primo tempo dalla lettura attenta – ma a volte ossessiva – di alcuni testi scientifici, ha infine abbandonato anche questa attività rinchiudendosi in un bozzolo interiore. Ora, questo tipo di percorso, in qualche modo imposto dal progressivo accumularsi di accidenti legati alla salute e all’età, costituisce un evento inedito nella lunga vita di Amos. Sono stati infatti assai rari i momenti in cui gli è stato possibile concentrare le sue attenzioni su di sé, sulla propria essenza. Adesso che le forze lo stanno progressivamente lasciando gli è dato il tempo per sondare questo ignoto territorio. Ed è così che riemergono, simili a disordinati e imprevedibili sbuffi di gas sotterranei, pensieri e percorsi mentali provenienti da tempi indefiniti che con ogni evidenza Amos intende Rinnovare, come ha voluto affermare in modo più che esplicito. Così a volte si mette a parlare con Dio (entità nei confronti della quale ha sempre avuto le idee piuttosto chiare) come è accaduto questa sera – a quanto mi dice mamma – quando ha deciso di protestare per l’inusitata idea di dividere il giorno dalla notte all’epoca della creazione. Un evento che lo ha poi spinto a chiedersi con urgenza quando sarebbe iniziato il prossimo novilunio (capo mese ebraico, rosh chodesh) per rimettere un po’ le cose a posto, che diamine. In altri momenti la lingua ebraica ritorna potente e tramite essa si aprono lunghe parentesi di dialogo o con i presenti (se in grado di capire e interloquire), oppure con immaginari interlocutori (a lui altrettanto presenti) con i quali si intrattiene in ragionamenti più o meno coerenti. Saremmo quindi in presenza – così mi piace credere – del vero Amos che finalmente è libero di proporsi senza remore e senza limitazioni. Costretto nei suoi movimenti in uno spazio sempre più circoscritto, mio padre avrebbe quindi trovato nel tempo e nei suoi scherzi pluridimensionali il vero e decisivo ambiente nel quale esprimere il suo presente, sempre proiettandosi con fiducia in un futuro che non può che immaginare migliore. Mi piace pensarlo così, mi sembra giusto viverlo così quando posso e appena posso, con la convinzione che dare valore al suo essere ora e qui, pur con tutte le limitazioni, sia il modo migliore per rispettare il comandamento che mi invita a onorarlo come padre.

Gadi Luzzatto Voghera

(18 settembre 2020)