Segnali indiretti

Un interessante segnale indiretto delle intenzioni distensive dell’Arabia Saudita nei confronti del mondo ebraico sembrerebbe provenire dal lungo approfondimento sugli ebrei del Libano pubblicata qualche giorno fa da Arab News, il più importante quotidiano saudita in lingua inglese, che esce in edizione cartacea e online. Fondato nel 1975 e di proprietà del gruppo editoriale SRPC, si rivolge principalmente a dirigenti, uomini d’affari, diplomatici, con una circolazione dichiarata di circa 50mila copie, distribuite in Medio Oriente, Europa, America e recentemente anche in Giappone. Filogovernativo per vocazione, è molto vicino al principe Muhammed Bin Salman, tanto che nel 2018 cambiò il proprio pay off dal tradizionale “il più importante quotidiano in inglese del Medio Oriente” in “la voce del Paese che cambia”, in omaggio alle riforme del principe ereditario.
È per tutti questi motivi che l’articolo, corredato di bellissime fotografie d’epoca, assume in questo momento di disgelo fra Israele e alcuni Paesi arabi un significato molto particolare.
Il lungo articolo prende spunto dal libro “Gli ebrei in Libano” di Nagi Zeidan, uno storico di origini siriane ma cresciuto a Beirut in una famiglia con forti sentimenti nazionalisti e antisemiti, che ha dedicato venticinque anni di lavoro per ricostruire l’epopea ebraica, mettendosi in conflitto con la famiglia. “Gli ebrei ci hanno insegnato l’onestà e la fiducia”, spiega l’autore, che ha intervistato ebrei libanesi in tutto il mondo e ne elogia l’attaccamento per il Paese che così male li ha trattati, costringendoli alla fuga e all’esilio.
Ma l’autore dell’articolo, Ephrem Kossaify, non si limita a recensire il libro. Risale alla lunga storia della presenza ebraica in Libano, dai primissimi scambi fra il re Salomone e il re di Tiro, alla fioritura di città abitate da ebrei nell’antichità, fino agli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, quando nella sola Beirut c’erano 16 sinagoghe e prosperavano 7000 ebrei. Oggi ne sono rimasti solo 29, e parecchi praticano il culto di nascosto, terrorizzati di essere riconosciuti.
Che cosa si può leggere tra le righe di questa lungo approfondimento sugli ebrei libanesi da parte di un giornale saudita? Forse pecco di ottimismo, ma alcune riflessioni mi sorgono spontanee. La prima è che ribadire una presenza ebraica consolidata nel mondo arabo fin dai tempi biblici sembrerebbe legittimare implicitamente la presenza territoriale odierna, contraddicendo la consolidata accusa a Israele di essere una spina nel fianco della Umma, la nazione musulmana. La seconda è la condanna senza mezzi termini dell’antisemitismo ribadita più volte e con enfasi. La terza è l’ammissione che gli ebrei in Libano furono trattati ingiustamente e che erano cittadini leali e degni di rispetto. Il tutto, scritto su un giornale saudita che si rivolge al la comunità internazionale più influente. Il tempo dirà se si tratta di un preludio o, se vogliamo mantenere la metafora musicale, di uno scherzo.

Viviana Kasam

(21 settembre 2020)