Ripensare la nostra funzione

Alla vista ci sono, sembrerebbe, nuove chiusure di spazi pubblici e di attività economiche, culturali e ricreative. Se i numeri non sono un’opinione, e se le dinamiche di trasmissione virale sono quel che sono (a prescindere dal covid19), le autorità saranno costrette nelle prossime settimane a ricorrere a provvedimenti di emergenza che seppure non auspichiamo, siamo costretti a prevedere. In ballo ci sono vite umane e la tenuta di interi sistemi sociali. L’impressione di fronte a questa catastrofe è che le classi dirigenti politiche ed economiche siano spaesate e facciano fatica a gestire in maniera programmatica ed efficace l’emergenza. Si va un po’ a tentoni, sperando che finisca presto. Ma così non si governa, si subisce. E si compiono errori. Uno degli errori più evidenti che balzano agli occhi è l’indisponibilità a comprendere appieno la portata della svolta culturale che ci viene imposta dalla situazione che stiamo vivendo. Da qui in avanti la cultura, nelle sue varie declinazioni, sarà un’altra cosa rispetto a prima. Si scrivono libri, ma si farà sempre più fatica a stamparli e a venderli. Si va a scuola con ritmi alterati e dinamiche sociali profondamente modificate, e si acquisiscono di conseguenza conoscenze con modalità assai diverse rispetto al passato. Coperti da mascherine multicolori, impariamo a conoscere e riconoscere gli occhi delle persone, ma ne dimentichiamo le espressioni della bocca, i sorrisi, le smorfie. Aneliamo ad abbracci e ad amichevoli strette di mano, ma ci costringiamo a imbarazzati tocchi dei gomiti. Se vogliamo recarci a pregare dobbiamo prenotare il posto con settimane di anticipo (addio alle religioni come esperienza collettiva…). Se, similmente, vogliamo vedere un film, o andare a teatro, la scelta appare sempre limitata e alla fin fine rinunciamo. Questi e altri cambiamenti ci devono spingere a ripensare le modalità della produzione culturale, della programmazione di eventi di divulgazione e di formazione. Ora, poiché all’essere umano la fantasia non fa difetto, mi sembra che questi sarebbero tempi perfetti per ragionare assieme – creando gruppi di lavoro, think-tank, laboratori di ricerca – per provare ad immaginare scenari futuri praticabili. Quasi tutte le agenzie che offrono e producono cultura dovranno cambiare molto nel prossimo futuro: scuole, università, fondazioni culturali, musei, teatri, biblioteche, archivi, case editrici hanno di fronte a sé sfide che paiono drammatiche. Ma come tutti i momenti di svolta, abbiamo tutti l’occasione di ripensare la nostra funzione. Ecco, questo è il momento per farlo. Con coraggio e immaginazione. Non farlo, attendere che “passi la nottata”, significherà condannare tutto il mondo della cultura a una inevitabile estinzione, e non ce lo possiamo permettere.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC

(25 settembre 2020)