Silvio Ortona, il partigiano intellettuale
che diede fiducia a Primo Levi

Partigiano, leader comunista, deputato della Repubblica. Ma anche intellettuale fuori dal coro, capace di intuizioni fulminanti. Come quella che lo portò ad essere il primo, sulle pagine dell’organo del Pci vercellese “L’amico del popolo”, a pubblicare i testi del suo amico Primo Levi. Il primo a credere nella sua prosa e testimonianza. Il primo a dargli fiducia in un momento in cui altri, vedi Einaudi, gli sbattevano la porta in faccia. 
Promosso dalla Fondazione Rinascita Vercellese e dall’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea con il patrocinio della Comunità ebraica locale, uno stimolante convegno svoltosi a Vercelli ha riportato all’attenzione di molti la vita e le scelte di un grande protagonista del Novecento quale fu Silvio Ortona (1916-2005). 
Una vicenda appassionante sviscerata in numerose testimonianze. Tra le altre quella della professoressa Anna Segre (immagine in basso), direttrice dell’organo del gruppo di studi ebraici di Torino HaKeillah, che ha ricordato il suo legame con la testata, i molteplici stimoli all’approfondimento, l’attenzione dedicata alla rilettura dei testi biblici in un’originale interpretazione storica di tipo marxista. 
L’intervento si è aperto con la proiezione di alcuni minuti di un’intervista fatta a Ortona per la Shoah Foundation, nel 1998. Intervista in cui racconta con orgoglio di essere stato il primo a pubblicare parti di quello che poi sarebbe diventato “Se questo è un uomo”.
Tra gli aneddoti raccontati anche uno, che lo vide ancora protagonista, relativo alla resa dei tedeschi a Vercelli. Fu infatti proprio Ortona, un partigiano ebreo, a dettare le condizioni al nemico. Lo stesso nemico che, attraverso una radio, si era indirizzato alle “madri biellesi” dicendo loro: “I vostri figli sono in montagna al comando di un ebreo bolscevico”. Le parole non avevano però impressionato le destinatarie di quel messaggio. Anzi, scherzava l’ex comandante partigiano, erano state un’ottima pubblicità per lui. 
Silvio Ortona, ha ricordato Segre, nasce a Casale Monferrato nel 1916. Studia giurisprudenza a Torino, si laurea nel 1937, inizia il servizio militare ma nel 1938 viene cacciato per l’entrata in vigore delle Leggi razziste. Come raccontato più volte, questo paradossalmente gli salverà la vita “perché il suo battaglione sparirà poi in Russia”.
Lavora poi per qualche mese in Inghilterra (la sua conoscenza dell’inglese gli sarà poi utile durante la resistenza per i contatti con gli Alleati), poi si ritrova a Milano in un gruppo di sette amici torinesi (quasi tutti ebrei) di cui parla Primo Levi in Oro (Il sistema periodico). Oltre a Silvio e Primo Levi ci sono Ada Della Torre (cugina di Primo Levi, che poi diverrà la moglie di Silvio) ed Eugenio Gentili Tedeschi, di cui la professoressa Segre ha mostra alcune vignette realizzate in quegli anni, raccolte poi nel libro “I giochi della paura”.
Quella milanese fu una fase decisiva per la formazione di Ortona. 
“Molti di noi, ebrei della mia generazione – avrebbe affermato in un intervento nel cinquantesimo anniversario della Liberazione – si sono formati una cultura e coscienza democratica mentre se la formavano milioni di altri italiani della stessa generazione; ciò attraverso le dure esperienze di quegli anni. A noi, italiani ebrei e non, toccò in sorte di passare dall’adolescenza o dalla giovinezza alla maturità in quegli anni grandi e terribili, che sono stati determinanti per la storia successiva. Nelle nostre esperienze resistenziali non furono scindibili le motivazioni ebraiche da quelle italiane, perché l’azione si collocava di per sé, spontaneamente, naturalmente, in un quadro più generale, quello della conquista democratica per tutti in Italia e anche in Europa e idealmente nel mondo”.

(Nell’immagine in alto Primo Levi e Silvio Ortona; in mezzo Ada Della Torre, moglie di Ortona)

(27 settembre 2020)