Un giorno particolare

L’ultimo giorno della festa di Succot è un giorno particolare. È chiamato Hosha’anà Rabbà, in quanto la parte fondamentale delle tefillot della mattina è composta dalle hosh’anot, i sette giri che facciamo attorno ai sefarim, che vengono estratti in un numero inconsueto, dall’aron ha kodesh. La particolarità di questo giorno è che assume anche il nome di “Yom ha ‘aravà – Giorno della’ aravà”. Infatti al mazzo del lulav, che viene usato durante gli altri giorni di Succot, viene aggiunto un mazzetto composto da cinque rametti di ‘aravà – il salice che cresce sulle rive dei fiumi.
Gli elementi che compongono il lulav sono quattro. Il lulav – il ramo di palma che simboleggia il sapore dolce dei datteri, che crescono su di essa. L’haddas – tre rametti di mirto che simboleggiano il profumo della sua pianta. L’etrog – il cedro, chiamato “albero maestoso” – che ha sapore e odore buono. Infine la ‘aravà – il salice di fiume, che non ha odore, né sapore.
È strano come mai sia stato dato ad una giornata così importante, il nome dell’unico elemento del lulav e, soprattutto, perché si aggiunge un ulteriore mazzetto proprio di esso?
È probabile che, essendo questa giornata considerata l’ultima possibilità di appello per chiedere perdono al Signore, dall’inizio del mese di Elul, noi ci rivolgiamo a Lui intercedendo per tutti gli uomini della terra e in particolare per il popolo ebraico. Abbiamo il dovere di preoccuparci anche di chi non ha odore né sapore – ossia di coloro che non sono buoni ma nemmeno malvagi, ossia non hanno nessun attributo a cui appellarsi.
Gli ebrei sono tutti ugualmente considerati davanti a D-o, senza alcuna differenza: ka qaton ka gadol – come il grande, così il piccolo.
Ghemar Chatimah tovah!

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

(9 ottobre 2020)