Controvento – Il vaccino dell’Infocene

Mentre prosegue, dopo una breve interruzione, la sperimentazione di AstraZeneca sul vaccino italo-inglese per il Covid, in America sta bruciando le tappe un altro vaccino, messo a punto da un giovane scienziato israeliano, Tal Zaks, laureato all’Università Ben Gurion e ora Chief Medical Officer dei laboratori di Moderna, che ha scelto la ricerca nell’industria dopo 18 anni di accademia a Stanford e alla University of Pennsylvania, per cercare di rendere disponibile rapidamente il frutto dei suoi studi. “Nonostante la contrarietà di mia moglie, ho ritenuto di poter offrire di più lavorando nell’industria. Avrò meno prestigiosi papers a mio nome, ma mi sarò reso più utile all’umanità” spiega, con un approccio pragmatico tipico di Israele, dove le Università hanno incubatori di start up e producono – e si mantengono – con i brevetti che ne derivano, in una commistione tra ricerca e industria da noi ancora impensabile a livello di opinione pubblica.
Il vaccino americano ha una genesi diversa da quello europeo. Non è partito infatti dalla ricerca di immunizzazione per il coronavirus, ma da quella per i tumori – Zaks è immuno-oncologo. E invece che iniettare nei pazienti virus depotenziati, inietta l’informazione per produrli, ovvero il RNA messaggero, sciolto in una speciale soluzione acquosa. Senza entrare in dettagli tecnici difficili per un pubblico di non addetti ai lavori – chi è interessato può guardare il webinar di Zaks realizzato dalla Ben Gurion University su YouTube – vorrei fare una riflessione su questo approccio al vaccino che mi sembra sia uno specchio fedele del cambiamento avvenuto nella nostra società. Ovvero il passaggio dalla realtà fisica alla realtà dell’informazione. Zaks non inietta infatti qualcosa di fisico – il virus – ma l’informazione per produrre la proteina spike. Non è quello che avviene quotidianamente nel mondo in cui siamo immersi, dove paradossalmente non è più la realtà a produrre l’informazione, ma l’informazione a produrre la realtà? Un evento che non è riportato dalla stampa e dalla tv, che non appare sui social è come se non esistesse. E viceversa, le fake news strombazzate da politici e influencer, diventano per molti l’unica realtà credibile. Pensiamo alla stessa epidemia da Covid, che per alcuni esiste e richiede misure drastiche, per altri è una montatura da sfatare senza usare la mascherina. I media parlano degli eventi prima che essi abbiano luogo, in una gara a chi batte gli altri sui tempi per dare la notizia. E per chi come me organizza eventi, l’amara constatazione è che potrebbero anche non avere luogo, perché sono stati vissuti anticipatamente attraverso la comunicazione. Ma è così anche per la medicina. L’effetto placebo, una volta ridicolizzato, è oggi considerato una risposta positiva dell’organismo all’informazione di aver ricevuto la terapia. La fisica quantistica spiega l’universo attraverso particelle impalpabili ma cariche di informazioni, tanto che nell’entanglement quantistico due particelle accoppiate riescono a correlare i loro spin anche a migliaia di chilometri di distanza. E l’omeopatia si basa proprio sull’idea che l’informazione del principio attivo viene trasferita al solvente, nel corso delle diluizioni cui è sottoposto, rendendolo in qualche modo immateriale.
Forse dovremmo abituarci a considerare in modo diverso la realtà, come già succede ai nati digitali, per i quali è l’informazione, non la fisicità, o comunque non solo la fisicità, a costituire il reale. Non siamo più insomma nell’Antropocene, siamo entrati nell’Infocene. Good luck.

Viviana Kasam