“Non cediamo all’autocensura”
Francia sconvolta dopo la decapitazione, da parte di un diciottenne ceceno, dell’insegnante che aveva mostrato in classe alcune vignette satiriche su Maometto. Molte voci autorevoli, sui giornali, riflettono su quanto accaduto. Tra gli altri Manuel Valls, che fu primo ministro al tempo degli attentati a Charlie Hebdo, al supermercato kosher, al Bataclan.
“I terroristi islamici, organizzati o meno – afferma in una intervista al Corriere della sera – perseguono da sempre l’obiettivo di seminare la paura attaccando i simboli della Francia e della libertà: lo hanno fatto in passato con i giornalisti e i vignettisti, le forze dell’ordine, i francesi ebrei, un sacerdote, i giovani e la folla a Parigi o a Nizza. Venerdì a Conflans se la sono presa con un altro simbolo: la scuola, la trasmissione dei valori, il cuore battente della Repubblica francese da secoli. La figura nobile del professore, colui che educa gli allievi a essere veri cittadini e a pensare liberamente”. Valls invita a non cedere all’autocensura ma non nasconde l’amarezza: “Lo spirito dell’11 gennaio 2015, quando milioni di persone scesero in piazza per dire ‘Je suis Charlie”‘ non è durato molto, purtroppo”.
Parla anche l’ex presidente di allora, Francois Hollande, intervistato da Repubblica: “Qualsiasi cittadino, al di là di origini, convinzioni politiche e religione, deve sentirsi coinvolto da quello che è appena successo. Tutti – sottolinea – abbiamo avuto figli a scuola e sappiamo quanto conti nella promessa repubblicana”. Viene chiesto ad Hollande se ci sia un senso di impotenza di fronte al terrorismo. Questo il suo pensiero: “Non dobbiamo sentirci impotenti. Abbiamo sconfitto l’Isis. Il flagello è tornato sotto altre forme con gruppi all’estero che conducono una propaganda a distanza per incitare persone in Francia ad agire. La verità è che ci saranno altri attentati di questo tipo. Abbiamo vinto molte battaglie ma non ancora la guerra”.
Interessante anche l’intervista de La Stampa a Jean-Pierre Obin, ex consulente del ministro dell’istruzione, che lancia l’allarme: una visione islamica estrema è penetrata nelle scuole francesi e censura da tempo i docenti. “A lungo – afferma – i governi di entrambi gli schieramenti hanno sottovalutato il problema, anche se dal 2015 molto meno. Io sono di sinistra, ma devo ammettere che la maggioranza della gauche oggi in Francia nutre una sorta di compiacenza nei confronti dell’islamismo”.
Per il Giornale la decapitazione dell’insegnante è solo la punta di un iceberg: “Compagni di classe vessati perché ebrei, docenti impauriti che non denunciano le minacce islamiche, jihadisti con le mani insanguinate che ottengono posti di ricercatore e l’Isis che attacca il sistema scolastico francese”.
Lo spettro dei “Proud boys” sul’imminente voto americano. “Non è mai stato così alto il rischio di attacco nei seggi e nei giorni subito dopo le elezioni”, racconta L’Espresso. Nell’articolo si ricorda come a settembre il direttore dell’Fbi abbia evidenziato al Congresso il fatto che sia oggi il suprematismo bianco la frangia più pericolosa del terrorismo interno. Solo nell’ultimo anno sono state infatti almeno 120 le persone arrestate. “Tra queste – viene spiegato – i tredici uomini che stavano pianificando un colpo di stato nel Michigan e il rapimento della governatrice, appartenenti probabilmente al gruppo paramilitare dei Wolverine Watchmen”.
La Lettura del Corriere parla della complessa situazione al confine tra Gaza e Israele. “L’ennesima tregua – si legge – è condizionata a 100 milioni di dollari che il Qatar promette di elargire nel giro di sei mesi, tanti quanti la durata del cessate il fuoco. Che gli strateghi israeliani definiscono con la formula ‘alla quiete risponderemo con la quiete’. Perché lungo la barriera che circonda i 365 chilometri quadrati la calma non dura mai a lungo”.
Sul Messaggero Alessandro Orsini, direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della Luiss di Roma, torna a scrivere di Medio Oriente e dei vari conflitti aperti nella regione. Per Orsini il recente accordo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Bahrein ed Emirati Arabi sarebbe la conferma che il Medio Oriente “è altro che tutto un fanatismo religioso”. I fanatismi esistono, sostiene, “ma vengono posti in secondo piano, quando è utile al potere”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(18 ottobre 2020)