Biden migliore di Obama

Secondo tutti i sondaggi, Donald Trump sarebbe il cavallo perdente nella corsa per la Casa Bianca. In ogni caso, dando un’occhiata a Forward (David Ian Klein, 2 Ottobre 2020), una prestigiosa pubblicazione ebraica progressista, apprendo che Donald Trump ha condannato i suprematisti bianchi, il KKK, ed i c.d. Proud Boys, e quindi certi articoli che vedo sulla stampa italiana non sono sempre esatti.
Non sta a me prendere posizione sull’imminente contesa elettorale americana, sia perché come io la pensi non interessa a nessuno, sia perché sembra passata un’era geologica dal dibattito fra John Kennedy e Richard Nixon, che ho rivisto con grande interesse, nel quale dibattito si discuteva di ”issues” e non dei reciproci difetti. Entrambi i candidati erano preparatissimi; e nutrivano un sincero reciproco rispetto. All’epoca, Nixon aveva 47 anni di età e Kennedy 43, ossia, circa trent’anni meno di Biden e Trump, e questo non è un dettaglio. Invero, i medici sono ottimisti su tutti e due ma, in queste cose, l’ultima parola sembra che non spetti a loro.
Se i candidati attuali possono non essere impeccabili, nemmeno il predecessore lo era. Barack Obama, nel suo famoso discorso al Cairo, disse che “Threatening Israel with destruction – or repeating vile stereotypes about Jews – is deeply wrong, and only serves to evoke in the minds of Israelis this most painful of memories while preventing the peace that the people of this region deserve”. Ora, sostenere che minacciare di distruggere Israele o diffondere stereotipi antisemiti sia profondamente errato, comporta una riconduzione dell’antisemitismo nella categoria dell’errore. Come dire: “scusi ho sbagliato nel voler uccidere gli ebrei, perché, lei non sbaglia mai?”. Fra l’altro, è un déjà vu, perché passando da qualche non eccelso personaggio (che è meglio non citare) a qualche terzomondista domestico, capita spesso di imbattersi nello scambio semantico fra errore e crimine. Sigmund Freud ne aveva accennato, ma si era limitato allo studio dell’inconscio, senza sconfinare nell’esame della fesseria; la cui disamina è appannaggio di anime semplici come quella dello scrivente.
Ho diversi esempi nel cassetto sull’errore, ma intendo svilupparli con cura, non necessariamente in seno ad un corsivo, ma fin d’ora posso dire che sarebbe salutare saper distinguere il crimine dall’errore. Non solo: Obama nel citato discorso al Cairo aveva pure paragonato i palestinesi agli schiavi neri negli USA (sul punto cfr. D. Meghnagi, La costruzione del pregiudizio: David diventa Golia, in A.A.V.V. Convegno Israele e il Sionismo. Torino, 12 novembre 2017, a cura di E. Segre Amar, Salomone Belforte Editore 2019, p. 107).
Tutto questo ricorda la famosa battuta finale del film di Billy Wilder “A qualcuno piace caldo”: “nobody’s perfect”. Molto dopo, la compianta Rita Levi Montalcini intitolò un suo libro “Elogio dell’imperfezione”. Su tale affermazione siamo tutti d’accordo, con la segreta speranza, tuttavia, che non ci si spinga troppo in là con l’imperfezione.

Emanuele Calò, giurista

(20 ottobre 2020)