Referendum elettorale
Non lo nego, sarà per suggestione psicologica, ma cominciano a spaventarmi i toni che Donald Trump sta tenendo in questi ultimi giorni di campagna elettorale. Insulti a tutti senza soluzione di continuità, fake news e teorie del complotto (è di questi giorni un’inchiesta del New York Times che rivela come Trump abbia rilanciato il 38% delle false notizie sul virus), colpi bassi, aggressività, minacce di non rispettare l’esito elettorale, persino larvati inviti alla violenza. Capisco benissimo che i toni alti sono inversamente proporzionali ai sondaggi che lo danno perdente, ma mi spaventa non poco questo agitarsi del leone in gabbia nel Paese guida dell’Occidente. Mi chiedo quale sentimento di vendetta lo animerà nel caso dovesse vincere queste elezioni, che si presentano sempre più come un referendum su di lui. Il fatto, come riportato oggi stesso dal Washington post, che il suo atteggiamento trovi opposizione anche nel suo stesso staff, lo ammetto, non mi consola affatto. Sono premesse di un eventuale repulisti che porterebbe il Presidente in carica, se rieletto, ad attorniarsi di yesmen in cerca di vantaggi personali. È chiaro a tutti che questa non è un’elezione democratici contro repubblicani, ma Donald Trump-resto del mondo. Ci si illude se si pensa che l’esito resterà chiuso nei confini statunitensi.
Davide Assael