Ebrei d’Europa: numericamente meno,
ma più legati alla propria identità

Dagli ’70 ad oggi l’Europa occidentale ha perso l’8,5% della sua popolazione ebraica. Un trend costante e inesorabile che deve aprire a una più ampia riflessione sul futuro dell’ebraismo europeo. Un dato che però deve essere allo stesso tempo messo in relazione con una tendenza opposta: un crescente recupero della propria identità ebraica da parte di persone che se n’erano allontanate. Entrambi questi elementi fanno parte della nuova e ampia indagine dell’Institute for Jewish Policy Research a cura di Sergio Della Pergola e Daniel Staetsky. La ricerca presenta “un’ampia panoramica di diversi aspetti della demografia degli ebrei in Europa in un nuovo tentativo di stimare la dimensione della popolazione ebraica in ogni paese, prestando attenzione alle questioni delle definizioni, delle fonti e della qualità dei dati. – scrivono gli autori – Il suo scopo primario è quello di fornire ai leader e ai professionisti della comunità ebraica europea, insieme a quelli coinvolti nel sostegno alla vita ebraica in tutto il continente, i dati e le analisi di cui hanno bisogno per migliorare la pianificazione della comunità”. Parlando con Pagine Ebraiche il demografo Sergio Della Pergola sottolinea come non sia “tanto la diminuzione il problema, ma si tratta di comprendere il fenomeno nel suo complesso. Il punto è di capire i processi: c’è un capitolo dell’indagine che dà in maniera molto meticolosa e penosa i numeri paese per paese; un altro esamina i maggiori processi, cioè le migrazioni internazionali (compresa la presenza degli israeliani in ogni paese europeo); le propensioni a fare l’aliyah; la famiglia, in particolare, i matrimoni, i gruppi di età, insomma i dati che ci permettono di capire i profili di queste comunità”. Meno spazio è stato dato in questa ricerca all’identità ebraica, ma emergono comunque dati significativi. “È interessante per esempio una delle tabelle iniziali da cui emerge come gli ebrei dei diversi paesi europei percepiscono la loro identità ebraica: in alcuni è soprattutto religione, in altri etnia o addirittura cultura, ci sono dunque grossissime differenze”. Un altro capitolo è dedicato a capire cosa c’è dietro ai numeri. “Abbiamo messo insieme gli indicatori socioeconomici generali dei paesi. E poi alla fine c’è un capitolo dedicato alle conclusioni da cui chi vuole può capire qualcosa sulle politiche da seguire. In ogni caso ci sono molti elementi nuovi, grazie anche ai dati che abbiamo preso dall’indagine della European Union Agency for Fundamental Rights (FRA)”. 
Tra gli elementi interessanti da analizzare paese per paese c’è il tema della famiglia. “Come gli altri europei, gli ebrei sono una popolazione in fase avanzata di transizione demografica. In generale, una percentuale significativa di ebrei in età fertile non è sposata, mentre il 44%- 72% delle famiglie ebraiche ha solo uno o due figli, con le dimensioni più piccole osservate in Europa orientale, Scandinavia e Paesi Bassi, e le più grandi in Belgio, Spagna e Regno Unito. Il primo gruppo di Paesi ha anche un’alta percentuale di ebrei sposati con non ebrei, mentre il secondo ha una prevalenza piuttosto bassa di matrimoni misti. Queste osservazioni portano alla conclusione che la bassa fertilità è caratteristica degli ebrei in Europa, con l’eccezione di quei paesi che hanno una grande popolazione di ebrei strettamente ortodossi”. Ne è un esempio il Belgio, dove c’è una fortissima presenza di ebrei haredi. “L’Italia è il paese in cui la gente si sposa meno in tutta Europa e quindi fa anche meno figli – osserva Della Pergola – Perché? Perché è così l’Italia che è l’ultimo paese in generale per natalità e dove ci sono meno matrimoni”. A proposito di unioni, il demografo aggiunge un dato sui matrimoni misti che emerge dalla ricerca: “sembra abbiano raggiunto l’apice, e c’è una leggera diminuzione di matrimoni misti tra i più giovani”. Alla domanda se sia legato a una maggiore religiosità dei giovani, Della Pergola risponde “in parte sì. In quel breve capitolo sull’identità, rileviamo che in Europa c’è una certa tendenza al ritorno all’ovile. Persone che da bambini non si ritenevano educati ebraicamente, o erano fuori dalla cerchia, ora si sentono molto più vicini alla propria identità ebraica”. “Se vogliamo essere ottimisti – aggiunge – il fenomeno assimilazione/dispersione è arrivato al culmine e ora la marea sta un po’ ritornando verso posizioni di maggiore interesse e avvicinamento. Naturalmente questo può anche essere una reazione al crescente antisemitismo, antigiudaismo, anti-israelianismo. Tutta questa pressione esterna dà un enorme fastidio anche a persone che francamente se ne fregava completamente. Induce delle persone a ripensare quale è la loro posizione”.
Parlando della situazione attuale dell’Europa, sconvolta dalla pandemia, il demografo sottolinea poi che presto sarà pubblicata una ricerca ad hoc. E aggiunge che “dai dati emerge come la Comunità ebraica italiana abbia retto in definitiva bene”.

dr