Un sollievo e una responsabilità
La terribile uccisione di Samuel Paty ha sconvolto tutti, e in particolare noi insegnanti, ricordandoci che il nostro mestiere non è così innocuo e insulso come a volte viene rappresentato, ma quando è svolto con serietà può dare davvero molto fastidio a chi non ha piacere che i bambini e i ragazzi imparino a discutere e a ragionare con la propria testa. Impossibile, dunque, non sentire il forte richiamo alle nostre responsabilità. A maggior ragione si sente chiamato in causa chi, come il collega barbaramente assassinato, insegna storia e geografia; e inoltre apprendere che Paty era docente di educazione civica fa ancora più impressione a noi insegnanti italiani che proprio in questi mesi siamo impegnati in lunghi dibattiti e confronti su questa disciplina, così essenziale e al contempo così sfuggente, che da quest’anno per la prima volta entra nella scuola italiana con modalità nuove e più vincolanti. Dopo questo delitto la nostra percezione dell’educazione civica e della sua importanza non sarà mai più quella di prima.
Intanto sembra che il terrore e l’intolleranza abbiano percorso un gradino in più: non solo non vanno bene le vignette ma non va bene neppure un insegnante che parla delle vignette. Se dopo la strage nella sede di Charlie Hebdo erano fioccati un po’ troppi distinguo, un po’ troppi “condanno la violenza, ma…”, un po’ troppa condiscendenza verso chi considerava le vignette un’offesa intollerabile, l’assassinio di Paty ci dimostra quanto l’ambiguità e i cedimenti possano essere pericolosi: ieri erano un’offesa intollerabile le vignette, oggi è un’offesa intollerabile che un insegnante discuta in classe delle vignette, domani qualcuno dirà che è un’offesa intollerabile che si commemori l’insegnante che discuteva in classe delle vignette, e dopodomani?
Per fortuna questa volta non pare che i distinguo e le ambiguità abbiano trovato spazio nell’opinione pubblica: a nessuno piace l’idea di una scuola terrorizzata e imbavagliata. Pare dunque che la scuola sia un baluardo che tutti sono pronti a difendere, anche chi era stato meno fermo quando si trattava di difendere la libertà di stampa. Per noi insegnanti è un sollievo e al contempo una gigantesca responsabilità.
Anna Segre, insegnante
(23 ottobre 2020)