“Zargani un grande della letteratura,
il tempo saprà fare giustizia”

“Rimasi folgorato da quella lettura. Non riuscii a staccarmi da quel libro. Fui subito convinto che l’autore fosse in uno stato di grazia nel momento in cui lo scrisse. Uscì nel 1995 quando l’Italia riscopriva le memorie delle leggi antiebraiche, dell’antisemitismo fascista, della Shoah. Era diverso da tutti gli altri. Era la storia di un ebreo italiano nel Novecento”. 
Il titolo in questione è Per violino solo. La mia infanzia nell’Aldiqua. 1938-1945. Il primo, straordinario libro di Aldo Zargani. Secondo Alberto Cavaglion, ospite dell’ultima puntata di “Pagine di letteratura”, siamo in presenza di una delle vette della letteratura contemporanea. Un testo forse un po’ dimenticato, passato in secondo piano rispetto a libri di altri autori distanti anni luce dal livello qualitativo raggiunto da Zargani. Il tempo però è galantuomo. E, dice Cavaglion al direttore della redazione giornalistica UCEI Guido Vitale, “saprà fare giustizia”.
Nel suo scritto d’esordio Zargani, mancato negli scorsi giorni all’età di 87 anni, ripercorre la storia della sua famiglia. Di come l’antisemitismo fascista ne segnò le sorti, del padre che perse il lavoro di musicista e delle tante peripezie affrontate per mettersi in salvo dagli aguzzini. Memorie biografiche sofferte, ma anche pagine segnate da un formidabile e corrosivo umorismo. Un tratto distintivo della sua scrittura. “Zargani – ha ricostruito Cavaglion nel suo ultimo Ticketless, pubblicato poche ore dopo la scomparsa – è stato il portavoce di un ebraismo umile. Non discendeva da nessuna famiglia che conti, non aveva rapporti con l’establishment. Per violino solo ha dato voce alla rabbia di chi nell’infanzia ha dovuto ricorrere alla zedakàh della peggiore borghesia ebraica: per questo, forse, è stato dimenticato quasi subito. I palati sopraffini e un po’ snob male digerirono la sua livornesità. Non è un granché la zucca barucca che Zargani scelse come metafora del suo scrivere. Si sbagliava, quel suo libro è una Cucurbitacea Benedetta. Assaporarla con il cucchiaino, capitolo dopo capitolo, è una delizia”. 
Dopo l’uscita di Per violino solo, pubblicato dal Mulino, Zargani ha scritto altri due importanti libri: Certe promesse d’amore (1997, sempre con Il Mulino) e il più recente In bilico (noi gli ebrei e anche gli altri) uscito nel 2017 con Marsilio. Il primo, dedicato agli anni post-bellici e alla speranza incarnata anche dal nuovo Stato d’Israele che stava nascendo. Il secondo, in cui porta di nuovo l’attenzione sui temi a lui più cari. Sempre “in bilico”, come suggerisce il titolo, tra commedia e tragedia. 
“Aldo Zargani è un giovane autore di ottantaquattro anni, ma è soprattutto il più divertente scrittore ebreo oggi in circolazione”, sottolineò Marco Belpoliti sull’Espresso in occasione dell’uscita di questo ultimo lavoro.
Zargani ha avuto un’ultima parte di vita un po’ malinconica. “Il fatto di essere stato superato da altri scrittori non del suo stesso valore ha lasciato un segno”, racconta Cavaglion. Per questo la speranza è che le sua prosa possa essere rivalutata, nel tempo, come “una delle testimonianze più alte” del secondo Novecento ebraico-italiano. Una speranza condivisa dal direttore Vitale, che ha ricordato come Zargani fosse anche “un curioso di giornali” e come, per questa redazione, abbia sempre rappresentato un punto di riferimento. Per i numerosi e sempre stimolanti interventi donati nei suoi anni di collaborazione con Pagine Ebraiche, ma anche per i consigli dispensati con leggerezza e generosità. “Mi ha molto colpito il dispiacere per la notizia della sua scomparsa dei componenti più giovani di questa redazione. Una dimostrazione di quanto sia stato importante per tutti noi”, sottolinea Vitale. Gli interventi di Aldo Zargani hanno rappresentato uno degli appuntamenti più attesi per i lettori di queste testate. Ne abbiamo raccolti alcuni tra i più significativi in cui ad emergere sono le sue inimitabili capacità di osservatore e narratore a tutto campo (clicca qui per rileggerli). Dal ruolo degli ebrei italiani in questa società al rapporto con Israele, dalla lotta al pregiudizio al confronto con i nuovi mezzi di comunicazione: Zargani ha scritto di moltissimi argomenti. Tra le questioni che più lo atterrivano c’era la valanga di odio e immondizia quotidianamente riversata sui social network: “Come molti giovanetti della classe 1933, classe di ferro, come si diceva tutti ignudi agli esami di leva all’epoca di quando c’era ancora il servizio militare pop, amo il Web ma rifiuto i Social”, ha scritto una volta. Dove rifiutare sta, aggiungeva Zargani, per “abbandonare, abdicare, aborrire, bocciare, cestinare, chiudere, contestare, declinare, denegare, disdegnare, escludere, respingere, ricusare, rigettare, rinnegare, ripudiare, scartare, schifare, sconfessare, sgradire”. 
Nelle scorse ore l’Associazione Progetto Memoria ha diffuso questo messaggio: “Pensare e ricordare Aldo è prima di tutto celebrare la sua incomparabile e sottile ironia, che accompagnava ragionamenti lucidi e trancianti e un modo di scrivere coinvolgente e originale”.
Grazie Aldo. Sia il tuo ricordo di benedizione. 

(23 ottobre 2020)