L’America che non vede l’antisemitismo

A due anni dalla più grave strage antisemita compiuta negli Stati Uniti – l’attacco di Pittsburgh, in cui un suprematista bianco uccise undici fedeli riuniti in preghiera per Shabbat nella sinagoga Tree of Life – un’indagine condotta dall’American Jewish Committee descrive un quadro preoccupante del problema dell’antisemitismo negli Usa. Secondo la ricerca appena pubblicata, quasi la metà degli americani dichiara o di non aver mai sentito il termine antisemitismo (21%) o di non saper bene il suo significato (25%). Per quanto riguarda la percezione degli ebrei americani invece, l’82% afferma di avere la sensazione che negli ultimi cinque anni l’antisemitismo nel paese sia aumentato. Sempre prendendo come riferimento il periodo 2015-2020, un quarto degli ebrei intervistati afferma di aver subito personalmente un attacco antisemita. Il 22% di esserne stato vittima online e il 3% di aver subito violenza fisica. Il sondaggio ha rilevato che circa un quarto degli ebrei evita di indossare pubblicamente oggetti che li identifichi come tali e che la stessa percentuale evita di identificarsi come ebrei online. La maggioranza degli intervistati – sempre rispetto al mondo ebraico – sottolinea che le istituzioni ebraiche a cui è affiliata hanno aumentato la sicurezza nei due anni successivi alla strage alla sinagoga Tree of Life. Quasi il 40% dichiara che le stesse istituzioni sono state oggetto di graffiti, minacce o azioni antisemiti dopo i fatti di Pittsburgh. “Che quasi la metà della popolazione americana sembra non sapere nemmeno cosa sia l’antisemitismo può solo aumentare la preoccupazione degli ebrei americani per la loro sicurezza e il loro benessere”, ha sottolineato David Harris, a capo dell’American Jewish Committee, analizzando i dati del doppio sondaggio (un campione di 1.334 ebrei americani ha partecipato all’indagine per la parte ebraica, un altro campione di 1.010 americani ha partecipato all’indagine generale. I sondaggi sono stati condotti telefonicamente tra settembre e ottobre). Da entrambe le indagini è emersa una maggior preoccupazione per le posizioni interne al Partito Repubblicano piuttosto che in quello Democratico. Più di due terzi degli intervistati ebrei (69%) e più della metà degli intervistati del sondaggio generale (52%) hanno dichiarato che il Partito Repubblicano ha almeno alcune opinioni antisemite, mentre il 37 per cento degli intervistati ebrei e il 42 per cento degli intervistati generali hanno attribuito tali opinioni al Partito Democratico. Rimane un dato preoccupante su entrambi i fronti, come spiegano due analisi apparse sul New York Times e sul Columbia Journalism Review.
“Nei mesi successivi al massacro di Pittsburgh, a volte ho sentito l’argomento che gli ebrei hanno molto più da temere dall’antisemitismo della destra di Charlottesville – che, dopo tutto, aveva portato allo spargimento di sangue umano a Pittsburgh e più tardi in una sinagoga a Poway, in California – che dalle “microaggressioni” antisemite di altri ambienti. – scrive l’editorialista conservatore Brett Stephens sul New York Times – I media mainstream hanno contribuito alla percezione che l’aumento dei crimini d’odio, compresi i crimini contro gli ebrei, fossero in gran parte derivanti dall’odio di destra. Ma poi uno tsunami di aggressioni antisemite si è abbattuto sulle comunità ortodosse di New York, in gran parte perpetrate da ‘giovani di colore’, secondo il Times. E poi cinque persone sono state uccise in due distinti attacchi terroristici a Jersey City e Monsey (N.Y). In nessuno di questi attacchi mortali contro gli ebrei erano coinvolti i sostenitori della supremazia bianca”. Il problema è dunque molto ampio, scrive Stephens. Destra e sinistra, sottolinea l’editorialista, fanno fatica a riconoscere l’antisemitismo interno o di settori che tradizionalmente sostengono l’una o l’altra parte.