Biden-Trump, l’attesa d’Israele


In queste ore tutti i media israeliani stanno dedicando ampi approfondimenti alle elezioni negli Stati Uniti. L’attesa è concentrata sull’election day e sull’attesa di capire chi si siederà alla Casa Bianca, se il repubblicano Donald Trump o il democratico Joe Biden. Una conferma o un cambiamento avrà un impatto significativo anche sul futuro d’Israele e della sua politica. I giornalisti israeliani discutono e riportano le posizioni dei politici locali, facendo l’elenco dei pro e contro dei due candidati. Il Primo ministro Benjamin Netanyahu intanto dà alcuni segnali: nelle scorse ore ha elogiato le politiche in Medio Oriente del presidente Trump, ma ha evitato di schierarsi apertamente. Parlando con i giornalisti, Netanyahu ha sottolineato che il sostegno bipartisan degli Stati Uniti è stato “uno dei fondamenti dell’alleanza israelo-statunitense”, aggiungendo che “l’alleanza non è mai stata più forte”. Il Premier ha poi elogiato Trump per alcune decisioni e passi compiuti in questi quattro anni di mandato: la dura posizione degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, il riconoscimento dell’annessione israeliana delle alture del Golan, i recenti accordi per la normalizzazione delle relazioni con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan. “Posso solo sperare che questa politica continui nel prossimi anni”, ha dichiarato Netanyahu. Diverse analisi sottolineano come il Premier israeliano non abbia di fatto nascosto la sua preferenza per Trump, e c’è chi sostiene che il suo futuro politico sia strettamente legato al destino dell’attuale presidente Usa. Non lo deve essere quello d’Israele, dicono all’unisono – o quasi – i quotidiani del paese in questi giorni, tra cui anche il giornale di destra e Pro-Netanyahu Israel Hayom. I presidenti vanno e vengono. Alcuni sono in sintonia con Israele, altri si preoccupano molto meno dei suoi bisogni. Ma al di là di questa importante distinzione, c’è un’infrastruttura forte, morale e strategica per una profonda cooperazione”, scrive su Israel Hayom Dan Sheftman.
Per il capo dell’opposizione Yair Lapid invece questa cooperazione bipartisan si è interrotta a causa di Netanyahu. Lapid ore ha accusato in queste Netanyahu di aver trascurato i legami di Israele con il partito democratico Usa, ed di essersi schiacciato nel coltivare l’amicizia coni repubblicani e con Trump. I critici del Primo ministro “direbbero che se Biden vincesse, Netanyahu non sarebbe più necessario, perché Biden non è eccessivamente a favore di Israele come Trump, né il contrario, come è stato visto da Obama”,scrive Gil Hoffman sul Jerusalem Post, aggiungendo uno scenario di politica interna israeliana: “Se Trump venisse rieletto, potrebbe dare a Netanyahu una spinta nei sondaggi, perché molti elettori vorrebbero continuare ad approfittare del loro stretto rapporto, anche se alcuni si sposterebbero più a destra per bloccare future concessioni come parte del piano di pace di Trump. Se ci sarà una tale spinta, Netanyahu potrebbe decidere di approfittarne aprendo a un’elezione. – scrive Hoffman – Se Trump sarà sconfitto, Netanyahu ne uscirebbe indebolito, il che potrebbe persuadere Blu e Bianco ad unirsi all’opposizione nell’avviare un’elezione. Ritrarrebbero un Netanyahu orfano di Trump come privo di un organo vitale chiave e non più necessario per mantenere gli stretti legami di Israele con gli Stati Uniti”.