L’America in attesa del presidente

Ancora in bilico le elezioni per decidere il prossimo presidente degli Stati Uniti. Questa mattina Donald Trump ha fatto un discorso dalla Casa Bianca in cui ha parlato della sua vittoria, ma la sfida in realtà è ancora aperta. Trump, come riporta il Post, ha detto che “è chiaro che abbiamo vinto la Georgia”, anche se il conteggio è ancora in corso e molto aperto. Ha detto che “stiamo vincendo in Pennsylvania di un enorme margine” e ha detto inoltre di essere avanti in Michigan. “In tutti questi tre stati, e in altri, Trump è effettivamente in vantaggio: ma il conteggio è molto indietro e gli analisti ritengono che le possibilità di rimonta di Biden siano molto elevate”, spiega il Post. Nel suo discorso l’attuale presidente Usa ha detto di avere anche ottime possibilità in Arizona, che però è stata assegnata a Biden, avanti al momento nel conteggio dei seggi dei grandi elettori, 238 rispetto ai 213 di Trump. Insomma la partita è ancora aperta e tesa – Trump ha parlato di brogli, senza portare però prove – e decisivi saranno probabilmente i voti di Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Tra le molte analisi di oggi sui quotidiani, il Corriere pubblica un’intervista a Michael Walzer che accusa Trump di aver “seminato sfiducia nella democrazia”. Per Moises Naim, intervistato da La Stampa, “II sogno americano è in crisi, la polarizzazione è feroce: dalla sanità ai salari, il futuro governo dovrà includere tutti i cittadini”. Su Repubblica invece Stefano Folli parla del voto Usa visto dall’Italia, con Salvini e Meloni dalla parte di Trump, con Conte che ha un buon rapporto con quest’ultimo e con il Pd che spera nella vittoria di Biden per un rilancio.

Vienna, nove minuti che hanno segnato l’Europa. “Nove minuti di orrore trascinano l’Austria nell’incubo che finora l’aveva risparmiata. Il terrorismo islamico. Nove minuti sono bastati a Kujtim Fejzulai, 20enne austriaco originario della Macedonia del Nord, per uscire dalla bugia del ravvedimento con cui ha ingannato per mesi i servizi di intelligence interni, imbracciare un fucile d’assalto e aprire il fuoco su chi a Vienna lunedì sera stava godendosi l’ultimo tiepido scampolo di libertà — all’ora di cena il termometro segnava 20 gradi — prima del lockdown”. È la ricostruzione, a firma di Tonia Mastrobuoni e Fabio Tonacci su Repubblica, di quanto accaduto la scorsa notte a Vienna dove quattro persone sono state uccise. L’attacco terroristico avviato di fronte alla sinagoga centrale è stato rivendicato dall’Isis e il Corriere della Sera, nel raccontare la storia del giovane attentatore, spiega che la Germania l’aveva segnalato nel 2018 come simpatizzante dell’Isis mentre in Austria un rapporto lo definiva “incapace di passare ad azioni concrete”. Nell’articolo si descrive il problema allargato della periferia viennese dove si è radicalizzato il terrorista, e in cui la divisione sociale è profonda. “Ogni venerdì sera e nei giorni seguenti, questi ragazzi arrivano dalle periferie della città e trascorrono la serata nelle vie intorno alla sinagoga urlando slogan antisemiti. Il clima è questo, e non cambierà tanto presto”, la testimonianza al Corriere di Ari Gutmann, che dal balcone di casa sua ha assistito all’attacco terroristico. Il cancelliere Sebastian Kurz ha lasciato aperta la possibilità che l’antisemitismo possa essere il movente dell’attentato. E ha promesso che “non lasceremo margini all’odio”, sottolineando che “il nemico è l’estremismo islamico, non tutti gli appartenenti a una religione”.

“Europa troppo vulnerabile”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, intervistato dal Corriere, parla degli attacchi terroristici in Francia e Austria e afferma che “chiunque può entrare in uno Stato membro e attraversare l’Europa. Il rischio è troppo alto, l’area di vulnerabilità europea troppo estesa”. E per questo chiede un “patriot act europeo”: “bisogna far funzionare le banche dati europee comuni che abbiamo e che usiamo ancora troppo poco, dotarsi di un sistema europeo che punti a prevenire gli attacchi, interloquendo anche con quegli Stati che gli analisti considerano ad alto potenziale jihadista”. Ma il tema sono anche i migranti e a riguardo Di Maio afferma che “il nostro Paese è stato aiutato troppo poco: Lampedusa è la frontiera di tutti” e invoca “più rimpatri pagati dall’Unione europea”.

Contro l’islamismo. Diverse analisi si concentrano sul pericolo del radicalismo islamico in Europa, tornato a colpire nel momento più difficile per il continente, sconvolto dalla pandemia. Riflettendo sulla situazione, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, intervistato dal Foglio, sottolinea come la retorica islamista sia ancora forte, ma invita allo stesso tempo a fare attenzione alla Turchia (e agli strali lanciati da Erdogan): “È in atto una sfida all’Europa, ai suoi valori, a ciò che rappresenta in termini di democrazia, tolleranza, laicità. Ed è una sfida che la Turchia gioca nel Mediterraneo. In Libia. Dove i turchi sono tornati come ai tempi dell’impero ottomano. Si agitano fantasmi pericolosi. E il Covid non è l’unico pericolo per il nostro modello democratico e sociale. Guai a distrarsi”. Sempre il Foglio dà voce all’imam francese Hassen Chalghoumi, che senza giri di parole invita a “cacciare l’islamismo dal nostro paese, andate a cercarli dove si nascondono, anche nelle caverne, è il momento di regolare i conti”. Sul Giornale, Boaz Ganor, direttore e fondatore dell’International Institute for Counter-Terrorism a Herzliya, fa invece l’identikit dei terroristi islamici: “Sono nati in Europa, non si sentono aiutati dal governo, non sono integrati e non hanno un vero interesse a integrarsi, non sentono di avere doveri verso la nazione”.

Uniti contro l’odio. “Quello di Vienna è stato un attacco contro l’umanità intera”, lo sottolinea il rabbino capo di Bologna rav Alberto Sermoneta, in un colloquio pubblicato sulle pagine locali del Resto del Carlino. Parlando di Bologna, il rav sottolinea come in città “comunità ebraica, cristiana e islamica viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, condividiamo tutte le scelte”. A Genova intanto, in occasione delle commemorazioni per la deportazione il 3 novembre 1943 degli ebrei della città, la Comunità ebraica ospita il vescovo Marco Tasca. “Uniti contro l’odio”, l’appello di quest’ultimo, mentre il rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova, ha sottolineato come “Fatti come quelli di Parigi, Nizza e Vienna sollecitano gli uomini di fede a rafforzare il proprio impegno” (Repubblica Genova).

Channukkah e speranza. “Una luce dirada l’oscurità” è il titolo della mostra che ha portato a Padova venti Chanukkiot, scelte tra le 250 di autori contemporanei della collezione della Fondazione Arte Storia e cultura ebraica di Casale Monferrato e del Piemonte Orientale. Una mostra, voluta dalla comunità ebraica di Padova, che ha diverse sedi, spiega Avvenire, ovvero: Museo della tradizione Padova ebraica, Palazzo della Ragione, Università, Palazzo Moroni, Museo diocesano, basilica di Sant’Antonio e la sinagoga (aperta fino al 17 gennaio; info su www.museopadovaebraica.it).

Insulti alla Brigata Ebraica, aggravante razziale. Quattro indagati, tutti appartenenti alla galassia antagonista, responsabili di insulti e minacce alla Brigata Ebraica nel corso del corteo del 25 aprile del 2018 dovranno presentarsi mercoledì prossimo in udienza preliminare davanti al giudice Carlo Ottone De Marchi, che dovrà decidere se disporre il processo. La procura ha contestato agli indagati l’aggravante di odio razziale, spiegano Giornale e Repubblica nelle pagine dedicate a Milano.

La crisi del Nagorno-Karabakh. “L’Azerbaigian sta vincendo la guerra. Ma garantiremo tutti gli armeni”, sono le parole del presidente dell’Azerbaigian, llham Aliyev, che in un’intervista a Repubblica afferma che il suo paese sta vincendo lo scontro con l’Armenia nella regione del Nagorno-Karabakh. Aliyev nega le accuse di un genocidio in corso contro gli armeni così come la presenza – denunciata da Russia e Francia – di milizie jihadiste al fianco dell’esercito azero. “L’Azerbaigian è II primo fornitore di greggio all’ Italia. Se il conflitto sl trasformasse in un massacro, non teme ripercussioni per le vostre relazioni commerciali?”, la domanda di Pietro Del Re, a cui segue una risposta inquietante visto che si parla di massacri: “No, né con l’Italia né con altri Paesi. Con l’Italia abbiamo sottoscritto un trattato di partenariato strategico e prima della pandemia sono venuto in visita a Roma, dove abbiamo lanciato importanti progetti commerciali. E presto inaugureremo il Tap, il gasdotto trans-adriatico che porterà in Italia il gas dai giacimenti del Caspio”.

Segnalibro. Massimo Giuliani su Avvenire, presenta il saggio Le figure del femminile in Lévinas dell’allieva Catherine Chalier, tradotto ora in Italia da Morcelliana).

Daniel Reichel