Necessità della memoria

La prima esigenza che si impone di fronte agli attacchi islamisti che si sono susseguiti in questi giorni a Parigi, a Nizza, a Vienna, è quella della memoria. Una memoria che ci consenta di evitare la trappola di considerare questi attacchi come episodi isolati o come frutto di una particolare contingenza, come quella legata alle vignette su Maometto, ma li inserisca in un continuum che dura ormai da cinquanta anni. E’ da quando nel settembre 1970 un gruppo di terroristi si impossessò di quattro aerei di compagnie occidentali portandoli su una pista dell’aeroporto di Amman e facendoli saltare in aria che inizia la stagione dei dirottamenti aerei, degli attentati agli aerei in volo, degli atti di terrorismo sanguinoso prima in Israele poi in Europa e negli Stati Uniti e in ogni altra parte del mondo. Anche l’Italia non è stata immune da questo stragismo, dai due attacchi all’aeroporto di Fiumicino il 17 dicembre 1973 e il 27 dicembre 1985 all’attacco alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 dove fu ucciso il piccolo Stefano Tachè. L’attacco dell’11 settembre 2001 alle Due torri di New York è stato l’episodio più eclatante di questa offensiva islamista, ma anch’esso si inserisce in un continuum: sono cambiate nel tempo le tattiche, le forme dell’attacco, ma la sostanza è rimasta la stessa: l’obiettivo è sempre la distruzione delle nostre libertà, della nostra concezione laica e liberale della convivenza umana.
Oggi invece è in atto una strategia, non si sa quanto cosciente o inconsapevole, volta a segmentare, almeno nelle nostre coscienze, questo continuum: si tenta di separare gli attacchi di cui è oggetto lo Stato d’Israele e i suoi cittadini da quelli di cui sono oggetto gli Stati Uniti, indicando volta per volta motivazioni diverse, dalla questione palestinese a quella del razzismo. Si tende poi a considerare a parte l’attacco all’Europa, indicando come causa scatenante la questione delle vignette, che altro non è che la questione della libertà di espressione. Ma gli attacchi all’Europa erano iniziati ben prima che Charlie Hebdo pubblicasse quelle vignette e in ogni caso il terrorismo islamista ha colpito aree e Paesi che niente avevano a che fare con quelle vignette. La necessità della memoria si impone perché in Europa – e anche negli Stati Uniti – non c’è piena coscienza della gravità e del significato dell’attacco che ci viene portato: nel giorno stesso dell’attacco a Vienna uno dei maggiori quotidiani italiani ha pubblicato un articolo nel quale si propone un’equivalenza nelle responsabilità tra Macron ed Erdogan, tra chi fomenta con le proprie parole gli attacchi e chi ha assunto le posizioni più chiare in difesa delle nostre libertà.
L’esistenza di questo continuum dell’attacco islamista non è chiara a tutti, anche perché gli organi di informazione tendono a separare e a segmentare i singoli episodi. Occorre un lavoro di ricostruzione e di conservazione della memoria: sarebbe necessario che l’Europa creasse un’istituzione simile a quella che Israele si è dato con lo Yad Vashem: Come Israele ha voluto conservare per i suoi cittadini e per tutto il mondo la memoria della barbarie nazista e del tentativo di distruzione del popolo ebraico, così l’Europa dovrebbe conservare la memoria visibile del tentativo islamista di distruggere la nostra civiltà e di costruire sulle sue rovine il regno della barbarie.
Ma oltre alla necessità di conservare la memoria occorrono in questo momento scelte politiche che finora non sono state fatte. In questi giorni è stata da più parti sottolineata la necessità che l’Europa si presenti unita di fronte all’attacco islamista superando le tante piccole, meschine rivalità che ancora la dividono. Questa scelta è necessaria ma non è sufficiente: al tempo stesso occorre che vengano superati i contrasti che dividono i Paesi europei da un lato dagli Stati Uniti, dall’altro da Israele: Stati Uniti e Israele sono i Paesi che per primi, colpiti dall’attacco islamista, hanno saputo reagire e contrastare l’aggressione. Ed è necessario anche associare a questo fronte i Paesi musulmani che sono anch’essi bersaglio dell’offensiva islamista. In questo senso si comprende quanto importante sia stato l’accordo di Abramo e come sia urgente che esso sia allargato al maggior numero possibile di Paesi islamici. Solo così i musulmani che vivono in Europa saranno posti di fronte alla scelta tra l’appoggiare, anche con il silenzio, la barbarie islamista e la partecipazione a una comune scelta di civiltà. In questo senso il ruolo degli imam delle comunità islamiche europee sarà decisivo.

Valentino Baldacci