Fatti, non lacrime, nel nome di Renzo

Qualcuno di grande mi ha riservato un riguardo fuori dall’ordinario. Poco dopo la scomparsa di Renzo Gattegna ha fatto pervenire a me, che sono stato un suo modesto collaboratore, un messaggio di condoglianze, quasi fossi un suo congiunto, uno dei suoi figli.
Si tratta di un immenso onore purtroppo immeritato. Ma mi ha commosso e mi ha aiutato a superare quel dolore insopportabile che alla scomparsa di una persona cara ti toglie il fiato. Non credo di meritarlo più di quanto non lo meritino collettivamente tutti gli altri ebrei italiani che non si sono discostati da quella ricetta di dignità e di umanità che ha fatto grande l’ebraismo italiano e lo ha preservato fino a oggi nel corso dei millenni.
Sì, noi ci siamo e l’ebraismo italiano è vivo proprio grazie alla gente come Renzo. Gente che è venuta per dare e non per prendere. Gente che lavora in silenzio per tenere alto l’onore dell’ebraismo italiano, che ne fa brillare l’immagine agli occhi di tutta la società dotandolo delle risorse e della credibilità necessarie per andare avanti, che apre le porte dei cuori e accoglie, che riafferma ogni giorno la fedeltà alla tradizione ricevuta dalle generazioni precedenti e la coerenza dei cittadini fedeli alle Istituzioni della Repubblica. Che non transige sulla necessità di difendere Israele e non trattiene l’amore sincero che palpita in ogni cuore per lo Stato ebraico.
Negli anni della sua Presidenza Renzo ha protetto le istituzioni dell’ebraismo italiano da insidie mortali e ha costruito innumerevoli risultati tangibili. Anche le sue parole, rare, misurate, vere, sembrava di poterle accarezzare con una mano. Mai chiacchiere, ma pietre angolari capaci di sostenere una costruzione.
I giornalisti di questa redazione non possono oggi abbandonarsi a celebrazioni di maniera. La redazione che Renzo ha voluto, consentendo la creazione di testate giornalistiche professionali e chiamando sulla base del merito nove giovani ebrei italiani all’alto onore del praticantato professionale, è al lavoro come ogni giorno, è preparata a operare anche in condizioni di difficoltà.
L’Unione, che ha Renzo ha voluto fosse anche un editore di primo piano, è oggi davvero un Editore.
La domanda su cosa avrebbe fatto lui in una certa circostanza, l’ammirazione per la limpida, elegante impassibilità con cui era capace di scansare gli stupidi e i farabutti, per noi vanno al di là della sua permanenza terrena. Il suo segno resta, è con noi ogni giorno, ogni momento.
Questa mattina, nell’ora del dolore, l’ululato della rotativa, il terremoto delle gigantesche bobine che portano sulla carta stampata il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, il giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica, il giornale ebraico dei bambini DafDaf, sono state per noi le salve di cannone che risuonano al passaggio di un re.
Quando gli immensi macchinari si sono quietati, è calato un attimo di silenzio. E poi avanti. Perché, nel nome di Renzo, contano i fatti e non le lacrime.

gv

(10 novembre 2020)