Lo spirito della Torah

Trump è passato, non è passato il trumpismo.
Trump ha fatto anche cose buone, dicono i suoi sostenitori. Ha messo un freno all’espansione economica cinese, ha fatto volare l’economia americana, ha sostenuto Israele. C’è anche, tuttavia, chi lamenta che abbia dato sostegno e voce al suprematismo bianco, al razzismo, e all’antifemminismo, o si sia immortalato buffonescamente davanti agli occhi del mondo irridendo la disabilità. Ma, quel che sembra più grave, che abbia prodotto una frattura insanabile all’interno della società americana fondando la propria popolarità sull’odio, blandendo un esercito di fautori dell’autodifesa armata e segnando con il marchio dell’infamia chiunque gli fosse politicamente avverso. La minaccia dei civili armati fino ai denti per le strade d’America hanno fatto tremare le vene ai polsi a chi crede nel rispetto delle regole democratiche e nella convivenza civile.
Durante le elezioni, il presidente degli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo e della storia, ha lanciato in ogni modo il sottile messaggio che le regole sono al suo servizio, e così avvocati, tribunali e Corte Suprema.
Ho sempre pensato che una nazione debba trovare in sé stessa, nel proprio popolo, la forza di reagire ai soprusi, alle prevaricazioni e alle degenerazioni della politica. Sembra che l’America lo abbia appena fatto, anche se per il rotto della cuffia.
E tuttavia, il danno fatto alla coscienza degli americani non sarà facilmente riparabile. Ne sta facendo le spese, fra gli altri, Kamala Harris, la vicepresidente, sulla quale i media trumpisti stanno sparando ad alzo zero, recuperando dai fondi di magazzino notizie le più strampalate. L’armamentario di fake news abbondantemente sperimentato durante la campagna elettorale continua a trovare utile e nefasto impiego.
Nel sostegno a Trump, l’ebraismo americano si è diviso fra chi apprezzava il sostegno a Israele e chi non apprezzava il sostegno alla politica del governo Netanyahu. Molti, poi, non riuscivano ad apprezzare, al di là del problema Israele, il profilo umano, etico e politico di Trump.
Niente di più comprensibile, allora, che la battaglia del presidente uscente abbia preso di mira, oltre allo sfidante Joe Biden, la sua eventuale vice – donna e per di più ‘mulatta’, come la chiama il giornale Libero in questi giorni – impegnata a contribuire alla sua potenziale sconfitta. Proprio a beneficio del pubblico ebraico, dunque, la Harris, così come delineata dal trumpismo, è un’antisemita, è una nemica di Israele, meritevole di tutti gli improperi e di tutto il fango che i social le riservano. Inutile scavare nel suo passato per scoprire, a sorpresa, che ha sposato un ebreo, che non è affatto né antisemita né anti-israeliana. Troppa fatica informarsi a una fonte affidabile.
Si potrebbe scoprire magari, e ce lo auguriamo proprio, che una posizione più misurata di Biden e Harris nei confronti di Israele porti la politica israeliana al frutto di una pace condivisa, di una convivenza civile, sia all’interno del paese che nei confronti dei suoi vicini antagonisti.
Trump ha lasciato ingombranti eredità, fra le altre circa ventimila menzogne propalate a piene mani senza un minimo di decenza e di vergogna. Di fronte a una figura come la sua, ci si chiede se il suo appoggio, più o meno convinto e più o meno interessato, a una politica filo-israeliana possa far passare in secondo piano una politica disumana, razzista, discriminazionista.
In America, se molti leader religiosi lo hanno appoggiato, altri si sono interrogati e se ne sono distanziati. Due rabbini in particolare, Jonathan Leener e Avram Mlotek, si sono chiesti sull’Algemeiner se sia halakhicamente consentito votare per un Menuval. Per Ramban (Nachmanide), il Menuval Birshut haTorah è il ‘reprobo con il permesso della Torah’. Ramban dà l’esempio dell’ingordo, che magari rispetta tutte le regole della casherut, ma che, abbuffandosi oltre ogni limite, non è kadosh, non è santo secondo il precetto della Torah (‘kedoshim tiyu’, Vaikrà 19:1-2).
La gestione del Covid e il suo consiglio a non usare mascherine, il suo sostegno ai razzisti sovranisti di Charlottesville, il suo ampio e continuo ricorso a menzogne e diffamazione, la sua disumana politica sull’immigrazione fanno dunque di Trump, secondo l’opinione di Leener e Mlotek, un Menuval invotabile. Tutta la sua azione politica è contraria allo spirito della Torah. Poco conta, a questo punto, chi siano i due rabbini, se siano ultraortodossi, o semplicemente ortodossi, o appartengano al mondo modern-orthodox. La Torah parla abbastanza chiaro, al di là delle differenze sulle modalità di osservanza delle mitzvot.
Insomma, Israele sopra a tutto, ma non contro lo spirito della Torah.

Dario Calimani