Il malvagio e il giusto
Nella nostra parashà assistiamo alla ricerca, da parte di Abramo, di un appezzamento di terra per poterci seppellire Sara. Il terreno doveva essere separato dalle tombe degli altri morti, appartenenti al popolo dei chittei, nel paese di Qiriat arba’, dove era morta Sara.
Egli è disposto a tutto purché il luogo rimanga appartato e riservato a Sara e ad a lui (in seguito alle altre coppie di patriarchi e matriarche) e per questo è disposto a pagare un prezzo elevatissimo.
Il colloquio con ‘Efron re dei chittei sembra apparentemente cordiale: “‘Efron lo tratta da ‘principe di D-o’, con grandi ossequi ma alla fine chiede per l’acquisto del terreno un compenso in denaro, carissimo: ‘quattrocento sicli d’argento'” .
I commentatori ci fanno notare, mettendo a confronto il comportamento di ‘Efron e quello di Abramo, la figura dello zaddiq – il giusto, e quella del rashà – il malvagio.
‘Efron parla molto, grandi effusioni verso Abramo, ma alla fine ottiene il massimo delle sue pretese, senza sconti. Abramo non parla – in realtà, leggendo tutto il testo non si nota alcuna reazione del patriarca – ma agisce, pagando la somma richiesta, senza battere ciglio.
È un messaggio importante quello che la Torà ci lancia: il malvagio parla molto, senza concludere nulla di buono; il giusto non parla ma fa azioni (buone) senza affatto commentarle o lamentarsi di ciò che ha ricevuto.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna
(13 novembre 2020)