Segnalibro – Resta ancora un po’

L’opera prima di Ghila Piattelli, Resta ancora un po’ (ed. Giuntina), rientra nei canoni della letteratura israeliana in lingua italiana. È un libro che parla di sentimenti, e sappiamo che quando si tocca la sfera emotiva non si sa dove si va a finire. Amori non corrisposti e lutti non elaborati incombono sulle dinamiche affettive familiari e sociali e sono il leitmotiv di questo prezioso testo. Vengono a galla vicende amorose non portate a termine, che segnano la vita dei protagonisti, non raccontate ai propri figli. Viene da pensare al penultimo film di Woody Allen, “Un giorno di pioggia a New York”, che focalizza questo silenzio, o meglio omertà genitoriale. Chissà se è stato spunto d’ispirazione.
Piattelli non si fa prendere la mano, questo va detto: inquadra con estrema lucidità e abilità stilistica i protagonisti e ci racconta le diffidenze tra i personaggi, con il non detto o addirittura il silenzio che in determinate situazioni rappresenta la distanza. Così la lettura delle pagine del testo è scorrevole e grazie alla penna delicata e leggera dell’autrice rende il racconto fluido e sempre avvincente. I temi della società israeliana, dal dinamismo professionale alle ferite ereditate dal conflitto, sono raccontati con equilibrio, sono lo sfondo su cui si dipanano le vicende dei protagonisti che interagiscono in una dialettica continua.
A rappresentare tutto ciò il titolo del testo: ben indovinato, preso a prestito da una passaggio del libro, racchiude il messaggio dei personaggi. Che oscillano come in un pendolo tra il ricordo e lo sguardo in avanti. Questa altalena tra il passato e il presente percorre tutte le pagine di questa piacevole lettura. È un continuo viaggio, come quello intrapreso da Giuditta e Yoni. La stessa struttura narrativa non è lineare nella sequenza temporale degli eventi. È un andirivieni che non solo prende a prestito questo metodo dal testo talmudico. Forse rappresenta lo stato d’essere di molti israeliani, come la stessa autrice, nati e cresciuti in Italia che, come saltimbanchi, vivono le due identità.

Jonatan Della Rocca, giornalista

(19 novembre 2020)