Case di riposo, fortini contro il virus

Nella prima ondata della pandemia, le residenze per anziani sono state in tutta Italia luoghi ad alto rischio. Diversi sono stati i casi di contagi in queste strutture, con effetti spesso tragici. In questo quadro molto complicato, le rsa legate alle Comunità ebraiche – in particolare Torino, Milano, Firenze e Roma – erano riuscite a tenere il virus fuori dalla porta. Nessun caso di positività registrato, grazie a una chiusura immediata verso l’esterno e all’uso di tutti gli strumenti di protezione. “In epoca covid siamo dovuti diventare un fortino chiuso e abbiamo dovuto ben difenderlo” sottolinea a Pagine Ebraiche Antonella Musatti, assessore della Comunità ebraica di Milano con delega alla casa di riposo. Nella residenza Anziani Arzaga, dopo la prima fase emergenziale, la struttura ha lavorato per riorganizzarsi. “Con il miglioramento dei dati della prima ondata stavano ipotizzando formule sempre migliori di contatto protetto tra gli anziani ed i propri famigliari – spiega Musatti – Avevamo appena iniziato le visite interne con la sola separazione di una lastra di plexiglas. Visite decisamente migliori rispetto a quelle estive dove maggiore era la lontananza e più difficile il colloquio”. La richiesta dei parenti era, comprensibilmente, di avere un maggior contatto dopo la grande paura del lockdown; ma un ritorno a un flusso di persone come nell’era pre-covid non era possibile anche nei mesi in cui il virus sembrava rallentare. “Già durante i mesi estivi e l’inizio dell’autunno aggiunge Musatti l’attenzione si stava indirizzando verso un netto incremento del focus sui bisogni psico-sociali degli ospiti, sulle terapie di stimolo e riabilitazione cosiddette soft come arte, musica, pet teraphy. Tanta fisioterapia e tanta terapia occupazionale perché corpo ed autonomie non andassero troppo in declino”. Ci si stava rimettendo in piedi dunque, dopo la fase acuta. Una fase difficile per diverse ragioni, tra cui la necessità di riorganizzare la struttura, la gestione degli ospiti, le visite dei parenti, e nel mentre reperire mascherine e camici. Nonostante la tensione di quel momento, Dalia Fano, “responsabile per i servizi sociali della residenza Arzaga, Flavio Galli, direttore sanitario, e Lucia Zecca, responsabile del servizio educativo, sono d’accordo nel dire che dentro il fortino, come lo definisce Musatti, i rapporti si sono consolidati: “Ci siamo uniti molto per affrontare l’emergenza, si è sviluppato un rapporto diretto e meno istituzionalizzato con gli anziani, con un grado di empatia ancora superiore – spiega Fano – I nostri anziani sono stati resilienti e l’atmosfera, nonostante tutto, era positiva”. La seconda ondata ha però rimesso in gioco tutto. A differenza della prima, casi di positività al virus ci sono stati, subito tracciati grazie a un sistema di controllo regolare di operatori e ospiti. I positivi tra gli operatori sono rimasti in isolamento a casa, tra gli anziani è stato fatto all’interno della Rsa (al piano o nelle stanze) o, in caso di sintomi, in ospedale. “C’è stanchezza ora, l’isolamento nelle camere non è facile per gli anziani – sottolinea la Zecca – L’atmosfera per loro in questa seconda fase è diventata più pesante”. Nella struttura milanese attualmente gli ospiti sono 93, spiega Fano. La lista d’attesa è diminuita e la gestione è più complicata. “Le motivazioni sono diverse – aggiunge Musatti – da una parte, si rimanda la decisione di istituzionalizzazione se non proprio indispensabile visto il contesto difficile. Dall’altra, i protocolli stabiliti per l’ammissione di nuovi ospiti esigono un periodo di quarantena fiduciaria a casa di almeno 14 giorni con una doppia tamponatura negativa”.
L’altro grande tema sono i parenti fuori, concentrati sul proprio genitore, col desiderio di sentirlo il più spesso possibile, ma con 93 persone la gestione è complicata. “Il parente a casa ha una comprensibile frustrazione di non poter avere un contatto, dopo tutto questo tempo, con il proprio genitore. All’inizio questa situazione era vista come qualcosa a termine, ma quella data di scadenza ora non c’è più. E si inizia a pensare, ‘ma se poi non rivedrò più mia madre?’. È la cosa più difficile. Noi che siamo all’interno lo capiamo evidenzia il direttore sanitario Galli – Per questa la carezza che si vorrebbe dare alle nostre madri, cerchiamo di darla nelle veci di chi sta fuori. Cerchiamo di fare un po’ i figli, ma è chiaro che non è la stessa cosa”. Galli, Fano e Zecca sono poi concordi nel dire che questa nuova ondata ha modificato l’idea di casa di riposo: “La residenza Arzaga non potrà più essere ‘la piazza del villaggio’ come era prima. Qui c’era sempre grande movimento, era un punto di incontro e aprivamo per attività anche all’esterno. Ecco questo non c’è più”. La priorità è tutelare gli anziani e per questo il fortino rimarrà tale per il momento. “Se non io per l’anziano fragile qui davanti a me, chi?”, ci ricorda Musatti, parafrasando la nota massima dei Pikei Avot.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Novembre 2020