Netanyahu in Arabia Saudita,
un segreto si fa storia

Cinque, storiche, ore. Tanto sarebbe durata la visita del Primo ministro Benjamin Netanyahu in Arabia Saudita domenica per incontrare il principe ereditario Mohammed bin Salman. Un viaggio segreto, rivelato dai media israeliani, che sta attirando l’attenzione internazionale. Se confermata, si tratterebbe della prima visita di un funzionario israeliano in Arabia Saudita. Il segno ulteriore di un Medio Oriente che cambia. Netanyahu, scrivono i media, è atterrato a Neom, città saudita del Mar Rosso, dove, accompagnato dal capo del Mossad Yossi Cohen (nell’immagine con Netanyahu), ha incontrato il principe saudita Bin Salman assieme al segretario di Stato Usa Mike Pompeo, in visita ufficiale nella regione. Né l’ufficio del primo ministro né i funzionari sauditi hanno per il momento confermato la visita. L’incontro Netanyahu-Bin Salman potrebbe però rappresentare il primo passaggio per la destinazione finale, la normalizzazione dei rapporti tra Riad e Gerusalemme. Un passo che il direttore del Mossad Cohen aveva preannunciato come possibile già in ottobre, spiegando che i sauditi erano pronti alle trattative, ma attendevano i risultati delle elezioni Usa. Per Riyad sarebbe stata più facile una riconferma del presidente Usa Donald Trump, visti i rapporti consolidati con la sua amministrazione. A settembre, quando Emirati e Bahrein firmavano a Washington la normalizzazione dei rapporti con Israele, Trump aveva lodato “i rispettatissimi” re Salman e il principe ereditario Bin Salman. E aveva aggiunto di aspettarsi che l’Arabia Saudita sarebbe stata il prossimo paese a firmare un’intesa con Gerusalemme. La visita sul Mar Rosso di Netanyahu sembra avvicinare questa possibilità, dai risvolti storici, ma ci vorrà del tempo per portarla a termine. Prima, la sfida comune è contrastare con ogni mezzo il nemico Iran ed evitare che l’amministrazione Biden riapra il dialogo sul nucleare con il regime di Teheran. “Entrambe le parti vogliono prepararsi per gennaio, progettare e allineare un fronte arabo-israeliano pronto per l’impegno contro l’Iran”, spiega Shimrit Meir, analista del quotidiano israeliano Yediot Ahronot. Il vertice tra Netanyahu e Bin Salman sarebbe stato infatti soprattutto un incontro per prepararsi a Biden. Obiettivo, coordinare una linea comune per chiedere al prossimo Presidente Usa di non ammorbidire la politica americana nei confronti del regime di Teheran.
Da anni i media hanno raccontato i contatti segreti tra i due paesi, rafforzatisi proprio in chiave anti-Iran. L’idea di renderli ufficiali è però sempre stata condizionata alla questione palestinese. Un dato emerso anche di recente con le dichiarazioni del ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan al-Saud. Durante il vertice del G-20 a Riyad, il ministro ha dichiarato che il suo paese sostiene “la normalizzazione con Israele da molto tempo. Prima però deve accadere una cosa molto importante: un accordo di pace permanente e completo tra israeliani e palestinesi”. Una posizione espressa anche da Bin Salman al consigliere della Casa Bianca Jared Kushner, nei giorni della firma degli Accordi di Abramo. “Il re Salman e il principe ereditario Mohammed bin Salman hanno un forte sentimento nei confronti della causa palestinese. Vorrebbero vedere i palestinesi lavorare ad un accordo equo e migliorare la vita del loro popolo”, aveva dichiarato Kushner ai giornalisti dopo un colloquio con il principe saudita, aprendo però la porta ad altre vie. “Ma, in ogni caso, faranno ciò che è nell’interesse dell’Arabia Saudita e del popolo saudita e musulmano di tutto il mondo. Assumono questa responsabilità molto seriamente”, le parole di Kushner, che aveva poi aggiunto che “molte persone stanno perdendo la pazienza con la leadership palestinese”.
Con l’elezione di Biden gli equilibri sono un po’ cambiati, ma, ricorda il New York Times, Bin Salman potrebbe comunque avere interesse a portare alla luce i rapporti con Israele. Gli servirebbe per “riabilitare la sua reputazione a Washington, smorzando le critiche alla guerra saudita nello Yemen, le repressioni contro gli attivisti e l’uccisione dello scrittore saudita dissidente Jamal Khashoggi da parte di agenti sauditi a Istanbul nel 2018”.