Antisemitismo in rete,
il rischio fake news
Certo molto interessante, per vari aspetti inquietante l’incontro online dedicato il 18 novembre da Milena Santerini – coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo – e dall’Unar (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Governo italiano) col patrocinio di UCEI e CDEC a “Antisemitismo e odio online. Il complottismo al tempo di internet”. L’Unione Informa ne ha parlato diffusamente e ciò mi esime dal soffermarmi sui particolari. Le trame grondanti di sangue infantile costruite dalla fervida immaginazione dei seguaci di QAnon (espressione di un delirio galoppante chiaramente impregnato del torbido impasto della più odiosa e antica tra le accuse dell’antigiudaismo cristiano) sarebbero in sé comiche, se non stessero diffondendosi in modo davvero preoccupante sul web e nei media, a testimonianza del fatto che molte, troppe persone sono solo in attesa di esche agevoli e facilmente raccontabili, di trame turpi e violente suscettibili di essere arricchite dei più macabri particolari, pronte a trasmetterle e ulteriormente dilatarle per trovare sfogo alle proprie mancanze e al proprio vittimismo. A riprova, altresì, del fatto noto ed evidente che internet funge da perfetto comunicatore, diffusore e moltiplicatore di tendenze talvolta marginali o maniacali, suscettibili però di trasformarsi in movimenti estesi, in veri e propri cult incendiari.
A monte di una situazione già preoccupante se considerata in base a quel che emerge in superficie ma esplosiva se messa a fuoco all’interno di ciò che si muove nell’universo del web, è possibile fare alcune considerazioni di fondo. Come è sempre avvenuto nella ultramillenaria storia dell’antiebraismo, ad alimentare gli impulsi escludenti e distruttivi nei confronti della minoranza ebraica sono anche oggi carenze, esclusioni reali o presunte subite da settori della società capaci di costruire con meccanismo riparatorio mitologie esplicative di tali supposti torti e di scagliarsi con aggressività a sua volta escludente e distruttiva contro il protagonista negativo di queste strutture mitologiche, che invariabilmente è l’ebreo in quanto tale, in quanto appartenente al popolo “maledetto da Dio” (antigiudaismo cristiano), “condannato dalla storia e dallo sviluppo sociale” (antisemitismo nazionalista e antisemitismo anticapitalista), “combattuto perché geneticamente inferiore” (antisemitismo razzista). Anche ai nostri giorni le abissali disparità economiche e sociali, che tendono ad accentuarsi in fasi di crisi lunghe e complesse come quelle contemporanee (oggi è minacciata addirittura la vita di ognuno, dal virus e insieme dal rischio incombente di povertà), trovano il loro più semplice e comodo meccanismo di spiegazione nell’antisemitismo: un marchingegno già pronto e confezionato da secoli, una sorta di prêt-à-porter dell’intolleranza per molti sufficiente a dare ragione di tante incongruenze della società attuale. E’ la solita, vecchia scorciatoia del capro espiatorio; decrepita, ma ancora viva e saldamente operante.
QAnon o altre consimili e paranoiche teorie complottiste non fanno che riproporre questi antichi ingranaggi nelle modalità attuali del web e dei social, con gli effetti di moltiplicazione perversa offerti dalla loro potenza dirompente e pervasiva. Un aspetto ulteriore fa però riflettere e può alimentare la nostra inquietudine: la natura stessa del mezzo di diffusione oggi impiegato per alimentare l’antisemitismo. Per sua stessa costituzione il web si nutre di miliardi di dati depositati nella rete, informazioni talvolta fondate – spesso assolutamente inventate che però diventano “vere” cioè autentiche nella misura e nel momento in cui entrano a farne parte. Il termine “verità”, nella nuova dinamica creata da internet, perde il suo originario significato etimologico (il greco ἀλήθεια rimanda a “ciò che non è nascosto”): l’aggettivo “vero” non qualifica tanto ciò che è descritto sulla base di fatti sedimentati nella realtà, quanto ciò che è affermato dal contenuto della rete. Su tale base tutto e il contrario di tutto può essere sostenuto, le invenzioni più assurde finiscono per acquisire agli occhi di molti (anche molto stupidi, certo) un crisma di incontestabilità. Questo accade anche per le costruzioni complottiste di cui stiamo parlando. Paradossalmente, si tratta dello stesso meccanismo impiegato in senso contrario dai negatori della Shoah: dato che tutto è vero/tutto è falso, la verità indiscutibile dello sterminio attestata dai fatti e dalla loro ricostruzione storica viene smontata sulla base di singole inconsistenti argomentazioni ritenute attendibili perché depositate nel web. L’antisemitismo negazionista, cioè, si mostra analogo e complementare rispetto all’antisemitismo basato sulla invenzione del complotto.
Quel che deve preoccuparci oggi, al di là dei contenuti ogni volta nuovi e ogni volta vecchi dell’immaginario antisemita 2.0, è dunque la troppo facile sovrapposizione di news e di fake news; una vischiosità che può trasformarsi in appiattimento a-critico sul modello internet, inducendo nella società un pregiudizio per condizionamento e per assuefazione non del tutto consapevoli. Anch’esso, peraltro, realtà non nuova.
David Sorani
(24 novembre 2020)