Avvocati e magistrati espulsi,
una targa per fare Memoria

“Ritrovarci quest’oggi significa dare un segnale forte. È nei momenti di massima difficoltà che occorre fare appello sui valori su cui si fonda nostra democrazia repubblicana”. L’ha sottolineato Maria Elisabetta Alberti Casellati, la presidente del Senato, intervenendo allo scoprimento della targa posta quest’oggi in Corte d’Appello a Roma in ricordo degli avvocati, dei magistrati e del personale dell’amministrazione giudiziaria espulsi dalla professione e dal servizio dopo la promulgazione delle leggi razziste. 
“La ferocia delle leggi razziali del 1938-39 colpì, la giustizia degli uomini oggi ripara” si legge sulla targa, realizzata in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Roma, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Comunità ebraica di Roma e l’Associazione italiana Avvocati e Giuristi Ebrei. L’odierna cerimonia, seguita da una riunione degli avvocati romani con all’ordine del giorno l’annullamento della delibera di radiazione del 1939, rappresenta in questo senso “un’occasione preziosa” per ribadire il concetto che “solo una società giusta costruisce il suo futuro”. Una giornata quindi all’insegna della Memoria attiva. Una Memoria declinata “secondo principi di verità e responsabilità”. 
Di “riparazione di un torto” ha parlato il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Meliadò. “Ripariamo oggi non solo con la giustizia degli uomini – ha affermato – ma anche con la forza del ricordo”.
Mentre il presidente dell’Ordine Antonino Galletti ha ribadito l’impegno degli avvocati “a lottare contro ogni forma di discriminazione”. Un impegno che non può prescindere dalla consapevolezza di quel che furono le leggi razziste, introdotte da Galletti con una citazione di Primo Levi.
“La Shoah in Italia – ha sottolineato Noemi Di Segni, presidente UCEI – non è stata solo opera dell’occupante nazista, non si è perpetrata solo nei crematori di Auschwitz, ma anche in Italia, in campi italiani, da italiani credenti nel fascismo o semplicemente indifferenti, con criminali nel dopoguerra quasi mai giudicati, con aule di corti silenziose. Questa la responsabilità di una memoria se davvero si vuole sentenziare un ‘mai più'”. 
“Oggi – è poi intervenuta Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma – si rimette un po’ d’ordine in quello che è giusto e in quello che non lo è stato. L’apposizione di una targa non cambia la storia, ma ci rimette nella giusta via”. Un pensiero è andato alla memoria di Ugo Foà, allora presidente della Comunità romana, tra le vittime dei provvedimenti antisemiti.
A concludere la cerimonia (tra i presenti Roberto Coen e Davide Jona Falco per conto dell’Associazione italiana Avvocati e Giuristi Ebrei) le parole del rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che ha ricordato il nonno Elia Di Segni. Cancelliere capo del tribunale, trovò sulla sua scrivania una busta con dentro la lettera di deposizione dall’incarico. “Nessuno – ha detto – ebbe il coraggio di consegnargliela a mano”. A colpire il rav Di Segni la “solerzia dello Stato nell’applicazione dei decreti”. Una persecuzione sistematica avviata con il sostegno del re Vittorio Emanuele III che, ha ricordato il rabbino capo, appose la propria firma personalmente su ogni documento.

(26 novembre 2020)