La nuova Carta di GariwoMemoria, strumento di democrazia
Si fonda su degli interrogativi la Carta della Memoria promossa da Gariwo, la foresta dei Giusti, presentata negli scorsi giorni. “Dobbiamo porci delle domande sul senso della memoria nel nostro tempo – si legge nel documento siglato da molte personalità delle istituzioni e della società civile italiana – non tanto per ricercare delle soluzioni pretenziose e irrealizzabili, ma per delineare un percorso che sia in sintonia con le dinamiche di un mondo che è in costante evoluzione”. Domande finalizzate dunque a capire il ruolo della Memoria nel presente e nel futuro della nostra società, sconvolta da un’emergenza sanitaria, economica e sociale senza precedenti. “Siamo entrati in una nuova epoca e, facendolo, credo che anche tutti i parametri di riferimento siano cambiati. Per questo dobbiamo anche ripensare una nuova idea di Memoria. – la tesi del presidente di Gariwo Gabriele Nissim, presentando la Carta nel corso della quarta edizione dell’iniziativa Gariwonetwork (tenutasi online) – È importante osservare come la Memoria della Shoah sia stata fondamentale. Non creiamo equivoci, non si tratta di buttare via quanto di significativo fatto dal dopoguerra a oggi, ma di trovare punti deboli e di guardare al futuro”. Tra gli elementi evidenziati nella Carta, la necessità di evitare concorrenze tra memorie dei genocidi, ricordando in particolare le parole di Yehuda Bauer, tra i più autorevoli studiosi della Shoah.“Non esiste una gradazione nella sofferenza, non esiste una tortura migliore di un’altra tortura, un omicidio migliore di un altro omicidio di bambini, uno stupro di massa migliore di un altro e non esiste dunque alcun genocidio migliore di un altro. L’idea di competizione non è solo ripugnante, ma totalmente illogica”, le parole di Bauer riprese dal documento di Gariwo e analizzate anche dalla storica Anna Foa, intervenuta nella due giorni di Gariwonetwork sul tema della responsabilità della Memoria nel tempo presente. “Congiunta alla storia, credo che la Memoria ci aiuti a distinguere il vero dal falso. – ha spiegato Foa nel suo intervento, richiamando, fra l’altro, la minaccia attuale del negazionismo – Le conseguenze di questa distinzione tra vero e falso sono profonde: vuol dire riconoscere le camere a gas di Birkenau e degli altri campi come camere in cui il gas uccideva uomini, donne e bambini e non i pidocchi; vuol dire riconoscere le vittime del genocidio armeno come tali e non come vittime marginali della guerra; vuol dire riconoscere il genocidio del Rwanda, Srebrenica”. Dietro al negazionismo, spiega la storica, emerge una forza pericolosa e sempre attuale: quella che demolisce l’idea stessa di verità, che cancella il valore delle prove e delle testimonianze, che afferma che “tutto è falso, tutto è possibile. Nessuno sarà responsabile di nulla. Tutto potrà essere negato”. Un metodo che riemerge nei complottismi di oggi, che si ispirano – aggiunge Foa – non tanto al negazionismo della Shoah, ma ai suoi prodromi: i falsi dei Savi Anziani di Sion e le altre teorie antisemite del complotto. Teorie che ritornano oggi tra chi nega la minaccia del covid, mistificando la verità a favore delle falsità. “Dove il vero si perde nel falso, là è il mito antisemita, il mito dei poteri occulti, l’idea che il vero sia manovrato e che dietro a ciò che sembra vero, ci sia un vero più vero. Anche se totalmente indimostrabile. O forse proprio perché tale”.
A confondere pericolosamente verità e falsità non sono solo i complottisti del web e non, sono anche i governanti delle democrazie illiberali, ha evidenziato il saggista Francesco Cataluccio, intervenendo dopo Foa e concentrandosi sul tema del linguaggio. “Come è accaduto con i totalitarismi che avevano fatto dell’odio e delle menzogne una delle loro colonne, oggi in gran parte dei sistemi politici si assiste allo strangolamento della verità e a un conflitto verbale generalizzato. – l’analisi di Cataluccio – Tutto è uguale perché un malinteso senso della democrazia dà il diritto a ciascuno di considerarsi nel vero e di poterlo dire impunemente. Nei linguaggi non esistono più gerarchie, la mia parola vale quanto la tua, anche se hai studiato anni l’argomento di cui stiamo discutendo”. Le verità diventano fragili, e con esse le democrazie, messe a dura prova dalla retorica populista che non si riconosce nel valore della competenza e delle istituzioni, ma lascia spazio alla rabbia e alle fakenews. Da qui, l’invito della Carta di Gariwo, di avvalersi della Memoria come strumento per discernere il vero dal falso, come arma per difendere le democrazie. Perché, si legge nel documento, “Come ci ricorda Yehuda Bauer la preservazione delle democrazie è nella maggior parte dei casi l’antidoto fondamentale per la prevenzione dei genocidi. È sempre l’alleanza internazionale tra le democrazie che permette la resistenza ad un male estremo”.
dr