Educazione civica
senza memoria
Qualche mese fa avevo espresso il dubbio che l’introduzione nella scuola superiore italiana dell’educazione civica fosse un modo per disinnescare l’insegnamento della storia del ‘900 obbligando gli insegnanti di storia a parlare di tutt’altro (ambiente, educazione stradale, ecc). Davo infatti per scontato che gran parte delle 33 ore annuali da dedicare a questa nuova disciplina sarebbero cadute inevitabilmente nelle ore di storia. Stando a questi primi mesi di scuola devo riconoscere che forse mi sbagliavo, perché in realtà, almeno nella mia scuola, l’idea del coinvolgimento di tutte le discipline nell’educazione civica è stata presa abbastanza sul serio. In compenso viene il dubbio che l’insegnamento dell’educazione civica sia stato introdotto per disinnescare la stessa educazione civica com’era intesa finora. Uso il verbo “disinnescare” perché ritengo che lo studio dei principi fondamentali della nostra Costituzione, così come quello della storia contemporanea, siano armi molto potenti per difendere la convivenza civile e la democrazia. Così potenti che probabilmente danno fastidio a qualcuno, e quindi devono essere diluite, edulcorate, prese solo a piccole dosi.
E infatti la conoscenza della Costituzione è solo uno dei tanti traguardi di competenza proposti dalle linee guida ministeriali per l’educazione civica, insieme a molti altri temi diversi, dalla difesa dell’ambiente al disagio giovanile, tra cui alcuni che possono significare tutto e niente, per esempio “partecipare al dibattito culturale”. Non si parla esplicitamente di antifascismo o antirazzismo, che però se non altro possono rientrare nell’ambito della Costituzione. Quello che manca del tutto sono i riferimenti alla memoria, l’idea che la cittadinanza consapevole implichi in qualche modo un’assunzione di responsabilità rispetto alla storia dell’Italia con le sue luci e le sue ombre. L’unico ambito in cui si potrebbe forse provare a fare rientrare la memoria potrebbe essere il rispetto e la valorizzazione dei beni culturali (supponendo, per esempio, che una pietra d’inciampo si possa definire “bene culturale”), ma non credo che saranno molte le scuole che seguiranno questa strada.
Insomma, credo che sia opportuno dircelo chiaramente: l’inserimento dell’educazione civica come disciplina a sé nella scuola italiana non favorirà per nulla la memoria, anzi, probabilmente la ostacolerà. Con 33 ore all’anno da dedicare all’ambiente, al disagio giovanile, all’educazione finanziaria, ecc. chi avrà più tempo per parlare della Shoah? Già nel mare di proposte didattiche che stanno arrivando alle scuole le attività relative alla Giornata della Memoria mi sembrano in proporzione molto meno numerose degli anni scorsi. Staremo e vedere.
Anna Segre, insegnante
(27 novembre 2020)