La riparazione
come impegno
Quando si parla di “violenza contro le donne” si pensa probabilmente a qualche gesto e situazione molto evidente, come chi subisce violenze domestiche o quando si parla di violenza puramente carnale, quindi in qualche modo lontana dal quotidiano dei più e che ci arriva al massimo grazie alle cronache di giornale. Penso che dichiararsi contro la violenza sulle donne sia un po’ una tautologia, come essere contro la droga o contro la guerra, chi è che al contrario potrebbe affermare di essere “per la violenza sulle donne”? Forse neppure un talebano. Temo invece che la violenza sulle donne o comunque un atteggiamento di genere discriminatorio, squalificante e sessista sia molto più in mezzo a noi di quanto normalmente si pensi, sia sedimentato nella mentalità e nel linguaggio di molti e in tutto ciò che ci circonda.
Siamo di fronte in ogni caso a qualcosa di brutale nel leggere titoli che raccontano di “mariti che uccidono la propria compagna perché gelosi” o perché “sotto effetto di alcool e droghe” come a giustificare il loro gesto, o peggio articoli di quotidiani che cercano di attirare con qualche click il lettore raccontando nei particolari (quasi pornografici) una violenza carnale, o descrivendo una vittima con lascivia e mancanza di malizia. Ed ancora l’altro genere rimane sovente alla stregua di un oggetto inanimato finalizzato all’acquistare un prodotto o al favore di un pubblico maschile in molti programmi televisivi e nelle pubblicità. Nello “stare tra maschi”, anche in mezzo ai più “progressisti” e illuminati, non è raro ascoltare talvolta discorsi e commenti che trasudano comunque di sessismo. Per non parlare poi delle dichiarazioni e degli atteggiamenti di alcuni leader politici che cercano di costruire il proprio consenso su un dongiovannismo tossico e sul modo in cui trattano l’altro genere. Poiché la violenza sulle donne non è dunque solo tra le mura domestiche o nei parchi notturni, dovremmo cercare, come per tutti gli altri tipi di discriminazione, di intercettarla e contrastarla in ogni occasione anche minima che si presenta. Ricordando un romanzo letto da poco, “L’angoscia del Re Salomone” di Romain Gary, come esseri umani non può sfuggirci il nostro ruolo di “riparatori” – la “riparazione” come impegno che ha plasmato nel profondo l’etica e la forma mentis ebraica. Il mondo nella sua totalità non lo si può cambiare, neppure i contesti lontani da noi, ma nel nostro piccolo possiamo sempre fare molto di più.
Francesco Moises Bassano
(27 novembre 2020)