L’identità dopo la Shoah
26 marzo 1967, symposium annuale della rivista Judaism a New York. Il tema è “Jewish Values in the Post -Holocaust Future”. Partecipanti, quattro prestigiosi intellettuali ebrei: Emile Fackenheim, Richard Popkin, George Steiner, Elie Wiesel. Al centro del dibattito, il problema dell’identità ebraica e dell’elezione, legato strettamente ad un’interpretazione in chiave di unicità della Shoah, che si affermava qui in assoluto per la prima volta, soprattutto con Fackenheim ma anche con Wiesel. Per Fackenheim, lo sterminio nazista aveva rappresentato un gesto di elezione demoniaca che aveva reso gli ebrei singolari e separati, unica risposta possibile per esistere in quanto ebrei. Per Wiesel, l’Olocausto doveva essere vissuto come un capitolo glorioso della storia eterna degli ebrei. In opposizione a tale assoluto particolarismo, a sostenere il compito universale dell’ebraismo erano Popkin e Steiner. Per Steiner, “Essere ebreo oggi vuol dire essere un po’ più uomo. Ecco il peso della nostra differenza”: un obbligo verso l’intera umanità.
Discutiamone.
Anna Foa, storica