Memoria e contromemoria

Sulla memoria, come su ciascun argomento, in democrazia sono ammissibili tutte le opinioni, senza alcun condizionamento. Esiste, e come se esiste, in materia di memoria, un’asimmetria informativa, perché soltanto un’esigua minoranza ha letto Elena Loewenthal, Tzvetan Todorov, Georges Bensoussan, Raul Hilberg, Zygmunt Bauman e così via, perché non si può ragionevolmente pretendere che ciascuno ne diventi specialista. La tutela, in questo caso, è data dalla chiarezza dell’esposizione.
Ora, una volta detto e ribadito che vi sono tante opinioni e che, nei limiti della chiarezza e trasparenza, sono tutte parimenti lecite in una società popperianamente aperta, in Italia troviamo un punto di convergenza del quale è necessario prendere atto: tutti concordano nel rifarsi al pensiero di Yehuda Bauer sull’Olocausto. Questa è la situazione che ho trovato nelle mie ricerche, ed oserei dire che si tratta di un’affermazione a prova di smentite, sempre benvenute per arricchire l’analisi.
Yehuda Bauer ha una linea chiara, ovunque ripetuta: l’Olocausto è da lui così chiamato perché si distingue da tutti gli altri genocidi, ed è “unprecedented” (senza precedenti) e non unico, perché in passato non vi è stato nulla che rientri nella categoria dell’Olocausto, in quanto gli altri eccidi rientrano nella categoria dei genocidi. Non ricorre al termine “unico” perché, secondo l’autore, il fenomeno in futuro potrebbe ripetersi.
Sul sito di Yad Vashem, Bauer lo dice chiaramente: “Se l’Olocausto o situazioni come l’Olocausto, possono ripetersi (ed i genocidi si sono ripetuti dopo la II Guerra Mondiale), l’Olocausto costituisce il caso più estremo di genocidio di cui si abbia conoscenza. È estremo non in termini di sofferenza – la sofferenza non si misura – ma in termini dell’analisi di ciò che è accaduto. Il genocidio può accadere ed accade ad altri, siano essi Tutsi, Cambogiani, Bosniaci, o chiunque altro, ma il caso estremo è l’Olocausto (…) Quindi, l’Olocausto diventa un concetto universale, un problema universale e diventa una questione per tutta l’Umanità, e non soltanto per tedeschi ed ebrei”.
Per Bauer, i quattro elementi “che rendono l’Olocausto diverso dagli altri genocidi” sono: totalità, globalità, ideologia e totale umiliazione, e questo significa che non è possibile, per il principio di non contraddizione, richiamare Bauer e poi negare la specificità della Shoah.
La recente Carta della Memoria emanata da Gariwo, apparsa anche in forma di appello, presenta degli aspetti che appaiono contraddittori. Essa menziona in maniera non chiara “la singolarità di un genocidio”. Viceversa, alcuni articoli di esponenti di Gariwo, che sembrerebbero essere i promotori della Carta della Memoria, contestano apertamente la “specificità” della Shoah.
In un articolo di Gabriele Nissim (sempre su Gariwo) ed un altro di Francesco M. Cataluccio (sul Foglio), viene riportata una citazione di Anna Foà: “Troppo spesso osserviamo che molti ebrei e tanti memoriali sono preoccupati che venga messa in discussione la specificità della Shoah quando si fanno dei paragoni con altri genocidi e atrocità di massa. Vorrebbero che l’Olocausto continuasse a venire raccontato come un evento unico che ha colpito soltanto gli ebrei.” Non v’è chi non colga quantomeno una contraddizione.
Tanto più che la Carta della memoria critica la “lettura identitaria” della Shoah e, al riguardo cita Marek Edelman, il quale però si esprime in conformità al suo pensiero bundista, che era nettamente antisionista. Una scelta legittima, eppure legata ad una precisa concezione, che andrebbe richiamata. È qui che andava citato Yehuda Bauer, il quale contesta questa concezione, in un suo articolo che si trova pubblicato sempre su Gariwo (“L’olocausto non potrà mai prescindere dal ghetto ebraico).
Fra altro, dopo aver criticato la lettura identitaria della Shoah, si loda la comparazione tra i genocidi.
La Carta, infine, menziona anche “gli effetti devastanti delle pandemie”; racchiudendo tutti i fenomeni, con il rischio di non racchiuderne alcuno, com’è già stato fatto notare dal Rabbino Capo Riccardo Di Segni.
Gariwo aveva sottolineato, a più riprese, l’esistenza di diverse scuole di pensiero sull’Olocausto, esprimendo dei giudizi. Ora che ha emanato una Carta della Memoria, a quale di dette scuole di pensiero s’ispira?

Emanuele Calò, giurista