L’intervista a Moshe Kantor
“Ebrei d’Europa,
futuro aperto”
“Nelle mie conversazioni con leader ebraici, capi di Stato e decisori in tutto il continente ho testimoniato il fatto che nonostante le sfide del Covid e il crescente antisemitismo, gli ebrei europei sono risoluti e determinati a continuare a lavorare insieme per superare queste prove e rafforzare la vita ebraica in Europa.” Si dice fiducioso nel futuro Viatcheslav Moshe Kantor, 67 anni, il filantropo russo dal 2007 alla guida dello European Jewish Congress. A fine ottobre è arrivato un nuovo mandato, il quinto. Un impegno che affronterà con la consapevolezza di non potersi sottrarre a un’azione in prima linea “nella lotta all’odio, nella difesa della tradizione e nel rinvigorimento delle nostre comunità e istituzioni”.Non nasconde sentimenti di particolare simpatia verso l’ebraismo italiano, per cui vede anche in futuro un ruolo da protagonista: “La Comunità ebraica italiana – sottolinea – è molto vicina al mio cuore. A legare European Jewish Congress e UCEI è una amicizia di lunga data e una cooperazione profonda”.
Presidente Kantor, la sua rielezione come presidente del Congresso Ebraico Europeo avviene in un momento particolarmente delicato nel futuro non solo dell’Europa, ma del mondo intero. Che umanità uscirà dal drammatico test dell’emergenza sanitaria?
Prima di tutto, vorrei ringraziare tutte le Comunità ebraiche europee e i rispettivi leader per il loro impegno e la fiducia nei miei confronti. Nel recente passato, tutti insieme, abbiamo affrontato molte sfide complesse. Lo stesso senso di unità che ci permetterà di affrontare questa prova. In un modo o nell’altro usciremo dalla pandemia. L’incognita resta sul come. Dietro le sfide di natura medica, sanitaria ed economica c’è una questione sociale. Le persone sono vulnerabili e isolate, alla ricerca di facili vie d’uscita. Questo ha portato a una esplosione di antisemitismo, estremismo e teorie del complotto diffuse attraverso i social media. Un problema che tenderà purtroppo ad amplificarsi ancora. I nostri leader devono prestare la stessa attenzione riservata a tutte le altre problematiche perché gli effetti rischiano di manifestarsi più a lungo e di essere ancora più sostanziali. Dobbiamo sviluppare un’argine più forte contro le teorie cospirative e valorizzare programmi educativi contro l’estremismo e in favore della tolleranza.
Quale è il contributo che l’ebraismo europeo può offrire nella lotta al Coronavirus?
Gli ebrei d’Europa sono stati sempre in prima linea nelle grandi sfide sociali. Col Covid è lo stesso, sia per quanto concerne l’ambito medico/sanitario sia per ogni altra questione. Dobbiamo continuare ad essere un esempio. Una comunità che offre un contributo di valore, mantenendo la propria identità.
In questi anni lei ha più volte denunciato una crescita dell’antisemitismo nelle sue molteplici forme. Da dove viene oggi la principale minaccia?
Le insidie più significative arrivano dagli estremisti, a destra come a sinistra, sempre più protagonisti della scena, così come dall’Islam radicale.Viviamo in un’epoca in cui crescono la rabbia e l’insofferenza verso i partiti tradizionali. Le persone per natura cercano delle risposte, preferibilmente semplificate. L’estremismo gioca su questi sentimenti. Gli ebrei sono stati purtroppo spesso il bersaglio. Le teorie cospirative si muovono in questo solco. Queste sono le minacce più rilevanti: per contrastarle stiamo lavorando assieme a decisori e opinion leader.
Quale futuro, quale spazio, per gli ebrei d’Europa?
Sono ottimista. Le nostre comunità restano vitali e vibranti. Nonostante la diversità di lingue, tradizioni e denominazioni siamo uniti nel rafforzare e mettere in sicurezza la vita degli ebrei d’Europa. Anche in futuro continueremo ad essere parte integrante della società europea.
Quali sono i principali obiettivi che si è posto in questo nuovo mandato?
Quello più immediato è per l’appunto l’impegno ad assicurare l’esistenza e la crescita di tutte le nostre comunità, in particolare quelle più piccole e vulnerabili. Attraversiamo una fase ricca di sfide ma, nonostante la prova del Covid e l’antisemitismo in crescita, gli ebrei europei sono forti e determinati a continuare a lavorare in sinergia per affrontare questi ostacoli.
Come agire nel concreto?
È del tutto evidente che la via d’uscita a questa crisi è il reperimento, al più presto possibile, di un vaccino che sia al tempo stesso efficace e sicuro. Quando avremo superato il problema del Covid la nostra attenzione si concentrerà su misure a sostegno della crescita. Come abbiamo fatto negli scorsi mesi, continueremo ad offrire il nostro supporto a comunità e istituzioni ebraiche, scuole, centri comunitari e altre organizzazioni vitali per l’ebraismo europeo. La crisi globale relativa all’antisemitismo e all’estremismo continua ad essere una minaccia per le nostre comunità. Con la pandemia queste manifestazioni hanno subito una accelerazione. La storia ci ha già mostrato le conseguenze degli scossoni economici e sociali come quelli che stiamo attraversando. Nel mondo divisioni e scontri sono sempre più in auge. Solo un gruppo organizzato sta beneficiando di questa situazione: le forze politiche estreme. Adesso, più che mai, tutti i governi devono essere uniti e mostrare tolleranza zero verso questi gruppi. Quello che dobbiamo fare, dal nostro canto, è non perdere di vista questa minaccia.
L’ebraismo italiano è un mondo piccolo, ma senz’altro vitale. In ambito europeo quale spazio potrà ritagliarsi?
Si tratta di una delle comunità più antiche d’Europa, fiera delle proprie origini e tradizioni. L’ebraismo italiano è sempre stato un punto focale e un barometro per gli ebrei in Europa. È un microcosmo d’eccellenza con un mix assortito di identità sefardita, ashkenazita e rito italiano. L’armonia tra queste comunità e la società è un ottimo esempio di come devono funzionare le cose.
Adam Smulevich – Pagine Ebraiche dicembre 2020
(Nell’immagine in alto il presidente dello European Jewish Congress con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen)
(2 dicembre 2020)