Il direttore antisemita
e i silenzi di Orban

Le cronache di queste ultime settimane ci hanno tenuto col fiato sospeso riguardo al veto esercitato il 16 novembre da due Paesi dell’Unione Europea sulla condizionalità proposta dalla Commissione in merito all’erogazione del Recovery Fund, il fondo strutturale europeo di prestiti e aiuti a fondo perduto per il periodo 2021-2027 da distribuire ai Paesi membri dell’Unione in proporzione ai danni causati dalla crisi pandemica da Covid-19.
I due Paesi in questione sono – come è risaputo – Polonia e Ungheria, retti da governi illiberali e sovranisti che ritengono inammissibile che l’Unione Europea vincoli l’erogazione dei contributi all’adempimento di alcune norme inerenti al rispetto dello stato di diritto, norme ripetutamente violate dalle azioni dei suddetti governi.
Nella diatriba generatasi in seguito al veto esercitato dai due Paesi, sabato scorso dall’Ungheria è arrivato un contributo molto particolare, vergato dallo scrittore Szilárd Demeter sul portale elettronico Origo.hu, articolo attualmente irraggiungibile perché cancellato dallo stesso autore insieme alla propria pagina Facebook. Classe 1976, ungherese della Transilvania, laurea in Filosofia, Demeter dal dicembre 2018 ricopre la prestigiosa carica di direttore del Museo Letterario Petőfi di Budapest. Già noto in passato per le sue esternazioni estremiste a favore dell’egemonia culturale nazionalista, xenofoba e antieuropea imposta dal governo ungherese (minacciava di tortura, di martellate sulle dita, gli scrittori disobbedienti), Demeter così si esprime testualmente sul filantropo George Soros, sostenitore della democrazia e del libero pensiero nell’Europa dell’Est, ebreo ungherese sopravvissuto alla Shoah:
“L’Europa è la camera a gas di George Soros: il gas velenoso si sta diffondendo dalle capsule della società aperta e multiculturale, letale per ogni forma di vita europea, e noi, nazioni europee, siamo condannate a lottare per l’ultima boccata d’aria, calpestandoci a vicenda, salendo le une sopra le altre. Gli ariani liberali [liberárják, neologismo dispregiativo coniato dall’autore] vogliono adesso escludere i polacchi e gli ungheresi da quel consesso politico, appartenendo al quale disponiamo tuttora di determinati diritti. Fa lo stesso se questi bastoni verbali vengano chiamati «società aperta», «stato di diritto» o «solidarietà» – in ogni caso servono a privarci dei nostri diritti”. In un passaggio successivo, Demeter crea un’equazione tra ungheresi e polacchi odierni: nuovi ebrei, che secondo lui sarebbero perseguitati da Soros, “novello Führer liberale”.
Le affermazioni di Demeter, come è giusto che sia, hanno creato una vera e propria tempesta di reazioni. Un esponente dell’opposizione, Gergely Arató (DK, Coalizione Democratica), ha enunciato forte e chiaro nel Parlamento ungherese: “Szilárd Demeter non è il nuovo ebreo, bensì il vecchio nazista: conosciamo bene questa voce”. Gli organi rappresentativi dell’ebraismo ungherese, il Mazsihisz (Magyarországi Zsidó Hitközségek Szövetsége, Unione delle Comunità Ebraiche Ungheresi) e lo EMIH (Egységes Magyarországi Izraelita Hitközség, Comunità ebraica ungherese unita), quest’ultimo notoriamente più vicino al governo ungherese, hanno espresso indignazione e protesta unanime, insieme all’ambasciata Usa nel Paese. Gli impiegati del museo diretto da Demeter hanno iniziato una raccolta di firme contro le sue esternazioni, che ha finora raggiunto le 19mila adesioni. Il governo, per ora, tace. Secondo András Bencsik, caporedattore della rivista Demokrata, portavoce dell’ideologia di Orbán, Demeter “ha perfettamente ragione”.

Krisztina Ruth Di Cave

(3 dicembre 2020)