Necessità e urgenza
della memoria

La Lettura, supplemento settimanale del Corriere della Sera, ospita nel suo numero di domenica 29 novembre un dialogo tra Claudio Magris e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il titolista del Corriereha dato al dialogo quello che sembrerebbero un titolo e un sottotitolo (“L’urgenza della memoria. Dialogo su letteratura e politica”). In realtà si tratta di due titoli, ed è sul primo aspetto – sull’urgenza della memoria – che Magris insiste maggiormente, coerentemente con tutta la sua vita e la sua attività di studioso e di scrittore.
Credo che quello che Magris dice in termini generali debba servire di stimolo per riflettere sulla necessità della memoria (anzi sulla sua urgenza, come dice lo scrittore triestino) in riferimento a una serie di temi che caratterizzano il nostro tempo. Uno di questi, e uno dei più urgenti appunto, è quello del terrorismo, una realtà che caratterizza e condiziona la nostra vita associata ormai da mezzo secolo. In effetti la pratica del terrorismo risale a molto più addietro nel tempo: da un secolo e mezzo il terrorismo è presente nella vita dell’Europa e non solo. Soprattutto negli ultimi cinquanta anni abbiamo conosciuto molte forme di terrorismo, in particolare in Italia, da quello dell’estrema sinistra (Brigate rosse) a quello dell’estrema destra (stragismo). Ma oggi, anche se ci sono altre forme di terrorismo (quella dei suprematisti bianchi, per esempio) la grande maggioranza degli atti terroristici nel mondo è di origine islamista e si deve perciò parlare con chiarezza di terrorismo islamista.
Se volessimo individuare una precisa data di nascita del terrorismo islamista dovremmo collocarla nel settembre 1970 con il dirottamento di quattro aerei sulla pista dell’aeroporto di Amman e la conseguente nascita di “Settembre nero”. Da allora, per trenta anni, si sono susseguiti atti di terrorismo di ogni genere, fino al l’11 settembre 2001, da cui ha inizio un’altra serie di atti di terrorismo con un raggio sempre più vasto. Il terrorismo palestinese è a tutti gli effetti un terrorismo islamista. La presunta laicità delle organizzazioni palestinesi è in realtà un mito. E’ un grave errore degli europei considerare il terrorismo che ha colpito e colpisce Israele da mezzo secolo qualcosa di diverso, che non ci riguarda. In realtà non c’è soluzione di continuità tra il terrorismo messo in atto dalle organizzazioni palestinesi e quello praticato da altre organizzazioni islamiste.
È da questa realtà che nasce la necessità della memoria. Per il popolo ebraico la memoria è un imperativo assoluto, è parte essenziale della sua identità. Non è così per i non ebrei. Del terrorismo abbiamo una memoria frammentata, divisa, non organica né unitaria. Una cosa è il ricordo, un’altra la memoria. Abbiamo dei ricordi, non una memoria.
Per limitarsi all’Italia, un Paese meno colpito di altri dal terrorismo, chi ricorda l’attentato al Tempio Maggiore di Roma del 9 ottobre 1982 nel quale venne ucciso il piccolo Stefano Gay Taché? Chi ricorda i due attentati all’aeroporto di Fiumicino del 17 dicembre 1973 e del 27 dicembre 1985? E che memoria si è mantenuta del dirottamento dell’“Achille Lauro” dell’ottobre 1985 con l’assassinio dell’anziano paralitico Leon Klinghoffer?
La memoria collettiva non è qualcosa di spontaneo, va costruita, va conservata. Sarebbe necessaria un’istituzione analoga allo Yad Vashem di Gerusalemme, che conservasse la memoria del terrorismo e che alimentasse questa memoria nelle scuole, negli spettacoli, nella discussione politica. Questo dovrebbe essere compito dell’Europa: anche in questo caso si misura l’inadeguatezza delle istituzioni europee. I singoli Stati colpiti hanno reagito volta per volta, caso per caso, agli attacchi terroristici, ma non sono stati e non sono capaci di una risposta organizzata e condivisa, perché non è stata elaborata una comprensione del carattere organico del terrorismo, del suo disegno politico, una comprensione condivisa da tutti gli Stati europei e dall’Unione Europea come tale. Una comprensione possibile solo se si ha una memoria condivisa della realtà del terrorismo.

Valentino Baldacci