La sinagoga di Mosul

Omar Mohammed, un giornalista e storico di Mosul, durante l’occupazione da parte di Daesh con un computer segreto e uno pseudonimo, MosulEye, documentava le brutalità dei jihadisti. Egli pubblicava i nomi delle persone giustiziate dallo Stato islamico e faceva luce sulla realtà del traffico sessuale di donne e ragazze yazide.
Ma, come racconta il Forward e come Mohammed ha affermato in un’intervista, dopo la liberazione di Mosul “la sua missione nella vita è diventata quella di ripristinare l’eredità ebraica della città”. Nel documentare la ricostruzione ha scoperto i resti di una sinagoga del XIII secolo, e ciò lo ha spinto ad andare più a fondo.
A Mosul vivevano ebrei dai tempi biblici sino agli anni 50, nel suo ultimo censimento del 1947 la popolazione ebraica era ancora di 5.688 individui. Mohammed è in contatto con anziani cittadini ebrei di Mosul che adesso vivono soprattutto in Israele, desidera registrare i loro ricordi di vita ebraica in città prima che vadano persi per sempre, ma come storico oltre a voler coltivare una memoria di questo genere, sogna che Mosul possa tornare un giorno ad avere una propria sinagoga e una comunità ebraica reale. Il suo scopo non è quello che la sinagoga da lui riscoperta possa diventare soltanto un sito museale per conservare il ricordo di qualcosa che è stato. “Gli ebrei non solo furono mandati via dall’Iraq” racconta ancora Mohammed sul Forward “sono stati cancellati dalla nostra storia, deliberatamente omessi da tutto”. Un parallelismo che lo storico ha riscontrato con ciò che Daesh ha perpetrato nell’occupazione delle regioni conquistate, distruggendo edifici religiosi, anche islamici, o siti archeologici di civiltà antiche accusate di “politeismo”.

In molti paesi islamici, specialmente dove è emersa una dittatura a seguito di una guerra civile o un colpo di stato, il ricordo di una presenza ebraica millenaria è stata il più delle volte totalmente cancellato dalla storia, non solo materialmente. Lo storico franco-algerino Benjamin Stora parlando dell’Algeria, racconta come i giovani algerini nati dopo la guerra d’indipendenza del 1962 ignorano spesso del tutto il passato ebraico del loro paese. Gli ebrei così appaiono quasi come degli alieni senza un passato su questa terra.

Forse il sogno di Omar Mohammed potrà sembrare un’assurdità o un caso unico, in realtà sono sempre più numerosi nel mondo islamico coloro che da studiosi o semplici appassionati, anche grazie a Internet, si stanno avvicinando alla riscoperta di questo passato, il quale riguarda soprattutto anche loro stessi, e stanno cercando di farlo riemergere in superficie. Non è già raro trovare in remoti villaggi dell’Atlante marocchino e algerino, anziani o giovani custodi che si dedicano alla preservazione di cimiteri, tombe di tsaddikim, o sinagoghe abbandonate.

Storie che in mezzo alle tristi notizie di questi mesi e degli ultimi anni, per quanto lontane e poco raccontate, portano un po’ di conforto e speranza per il domani.

Francesco Moises Bassano