Oltremare
Emirati, rossi o verdi?

Si sa che noi israeliani pur di fare una vacanza anche rubata, ma fuori dall’isola nella quale viviamo, siamo capaci di accamparci con tanto di tenda canadese al check-in del Ben Gurion e aspettare un aereo per qualsiasi destinazione manco fosse l’ultima metrò o l’Orient Express.
E quindi, in tempi di penuria di destinazioni e di stati che passano dal verde al rosso o al giallo senza avvisare, non si è stupito nessuno quando i feed dei nostri Facebook hanno cominciato a riempirsi di foto di amici entusiasti da Abu Dhabi o da Dubai; missioni diplomatiche o d’affari, banchetti con lo spazio marcato “kasher” nel buffet, foto dal basso di grattacieli infiniti che svettano nella notte d’Arabia, e molto, moltissimo bianco nell’abbigliamento dei locali. Fra poco cominceranno anche a fioccare i reportage giornalistici su quanto in realtà gli Emirati Arabi Uniti siano un paese di enormi differenze sociali, che denunciano lo stato di para-schiavitù nel quale versano tutti quelli che non possono permettersi una Lamborghini, e via di questo passo. Ma per adesso, è tutto oro zecchino quello che luccica, soprattutto perché è all’estero. E va bene così. Torneremo un giorno a mandare tutti i giovani appena finito il servizio militare a calpestare ogni sentiero di montagna dal Nepal alla Patagonia. Torneranno i genitori degli stessi giovani a prendersi una settimana ogni tanto per rinfrancare corpo e spirito in una qualunque capitale straniera. Intanto l’unica cosa intelligente da fare è controllare la scadenza dei passaporti (parlo al plurale perché statisticamente gli israeliani ne hanno più di uno), per essere almeno pronti quando riusciremo finalmente a produrci in un espatrio temporaneo. Sarebbe anche utile allo stesso scopo evitare se possibile di finire come 200 connazionali che sono rimasti bloccati a Dubai in una bolla burocratica nella quale apparentemente durante la notte il loro status di cittadini israeliani con permesso di entrata negli Emirati era stato sospeso. Cose che possono succedere in un Medio Oriente in via di normalizzazione, per carità, e figuriamoci in un anno di pandemia, in cui è bene controllare ogni due o tre ore il colore che ha preso lo stato di arrivo sulla mappa del Risiko sulla quale i fortunati riescono ancora a muoversi un po’.
Io personalmente non l’avrei presa bene, ecco. Ma avrei aperto la fida canadese lì in mezzo all’aeroporto di Dubai, che immagino anche lui bianchissimo, e avrei aspettato con pazienza che il paese passasse al colore “giusto” per poter entrare. Siamo il popolo eterno, dice l’adagio, e non abbiamo paura di un’attesa di qualche giorno.

Daniela Fubini