Arginare le pulsioni

In queste ultime settimane si è avuta un’ulteriore testimonianza dell’arretratezza delle nostre classi dirigenti. Con una disinvoltura che preoccupa non poco c’è chi non ha trovato altro modo di insultare il suo rivale politico, accusandolo di voler «aprire i campi rom». Strizzando neanche tanto velatamente l’occhio alle pulsioni razziste rivolte verso Rom e Sinti, assai trasversali in Italia. Il rivale politico ha immediatamente replicato dandole della pazza. Chi può credere, questo il sottinteso, che nel suo partito si pensi ai Rom? Frasi, ammiccamenti, sottintesi che ricordano brutti momenti della storia europea e che non trovano un minimo argine da parte del mondo dell’informazione, che li accetta in modo totalmente acritico, spesso nascondendosi dietro il dovere di cronaca. Ma da quando il dovere di cronaca è incompatibile con quello di critica? Naturalmente il tema non è l’apertura o meno dei campi rom, vergogna tutta italiana da debellare al più presto, ma l’idea di una politica compiacente verso i peggiori istinti popolari. Una politica che sempre più assomiglia all’ «arte adulatoria» che Platone identificava con la retorica. Perché non bisogna scordarlo: l’Italia è razzista ancora oggi e la forma di razzismo più acuta è quella rivolta verso Rom e Sinti. Perché si è Rom quando si abita in una campo sporco e mal funzionante e non quando si fa un gol con la maglia del Milan? Avete mai letto in un articolo di giornale, «Gran gol del Rom Ibrahimovic»? Spesso invece, «I Casamonica, famiglia rom della capitale». Arginare queste pulsioni è non solo un dovere, ma una convenienza per tutte/i noi perché, si sa: «Prima vennero a prendere gli zingari», poi finisce che arrivano a te.

Davide Assael

(9 dicembre 2020)