Il Covid e l’impatto sulla vita ebraica:
“Ecco cosa ci dice la Halakhah”
Pensiero ebraico e Halakhah al tempo del Covid. È il tema che ha fatto da filo conduttore a un limmud organizzato nel 20esimo anniversario dalla scomparsa di Isacco Levi, a lungo chazan della Comunità di Torino. Numerosi i rabbini intervenuti all’iniziativa, organizzata in collaborazione con la Fondazione Scuola Rabbinica Margulies-Disegni.
Ad aprire la serata, introdotta e moderata dal rav Alberto Moshe Somekh, i saluti del presidente della Comunità torinese Dario Disegni, che ha ricordato la figura speciale di Levi. Un uomo che molto si è speso “per fare Tzedakah in segreto, in ossequio a quel che dice la Halakhah: chi riceve non deve sapere chi ha dato”. Molte ferite personali, ma il sorriso sulle labbra “per attuare la sua religione, la religione del cuore”.
“La sua intensità nella preghiera è un grande esempio per tutti noi” ha osservato rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova e cugino di Levi. Tema affrontato dal rav la tefillah in privato quando non è possibile partecipare alla preghiera pubblica. “Una forma di partecipazione – ha suggerito – può essere lo svolgimento della tefillah allo stesso di quella pubblica”. Oltre al quando, un altro nodo è il dove. Il rav ha citato in proposito la Ghemarah, che ricorda l’importanza di fissare un luogo ben preciso “così da assicurare una continuità nel tempo”.
“In tempo di pandemia – ha affermato rav Ariel Di Porto, rabbino capo di Torino – le Comunità ebraiche hanno dato prova di grande vitalità e complessità, fornendo risposte diversificate. Tutte le misure emergenziali prese rientrano a pieno nella nostra tradizione giuridica”. Uno dei nodi resta l’individuazione del punto fino al quale ci si può spingere con gli adattamenti. Il rav ha esposto al riguardo alcune problematiche concrete.
“Da quando si è contagiosi secondo la halakhah?”: è la domanda sviluppata da rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che ha citato varie forme di “impurità” presenti nei Testi e studiate dai Maestri. Situazioni molto diverse dal Covid ma che hanno in comune la progressione nel tempo, dalla comparsa dei primi sintomi al riscontro effettivo. Oltre alla scienza, ha detto il rav, “va quindi seguita anche la nostra saggezza antica, che ci mostra tutte le strade possibili e immaginabili”.
Un’altra domanda ha aperto l’intervento del rav Gianfranco Di Segni (Collegio rabbinico italiano): “La birkàt ha-gomèl, la benedizione per lo scampato pericolo, ai tempi del coronavirus: in che casi, quando e come va detta?”. Un’esposizione di vari e diversi casi ha permesso di fare chiarezza.
Ha chiuso la serata rav Somekh, che ha ricordato come la pandemia abbia inferto danni notevoli anche dal punto di vista economico. Un tema di stretta attualità è in questo senso la regolamentazione di prestazioni pagate ma non godute. “Oltre alle obbligazioni materiali – ha detto il rav, citando gli insegnamenti di alcuni Maestri – bisogna far valere anche quelle morali. È quindi necessario andare oltre i termini di legge, cercando un compromesso nel segno di equità e buon senso”.
(9 dicembre 2020)