Dall’educazione alla convivenza,
le grandi lezioni di rav Sacks

Parlando di rav Nahum Rabinovitch, uno dei suoi maestri, rav Jonathan Sacks disse di aver imparato da lui come nella “Torah, tra le altre cose, è presente un rifiuto di dare risposte semplici a questioni difficili”. Un’affermazione divenuta una filosofia di vita per rav Sacks, una delle personalità più autorevoli e ascoltate dell’ebraismo contemporaneo. Scomparso nel novembre scorso, l’ex rabbino capo di Gran Bretagna – e la sua capacità di dare risposte complesse, ma chiare a domande difficili – è stato ricordato nel corso di un evento dedicato alla sua memoria dal Progetto Traduzione Talmud Babilonese. Dai rabbini ai rappresentanti istituzionali, dall’Italia all’estero, molte le voci che hanno voluto partecipare all’iniziativa online patrocinata da Senato e Camera dei Deputati, moderata da Clelia Piperno, direttrice del Progetto Talmud, assieme a Gianluca Giansante. “Conciliazione, Compassione e Creatività saranno le tre parole chiave che ci traghetteranno in questo meraviglioso viaggio tra la vita e il pensiero di Sacks”, hanno sottolineato gli organizzatori, ricollegando la lezione del rav all’impegno di divulgazione portato avanti dal progetto di traduzione del Talmud in italiano. Un legame evidenziato anche dal ministro dell’Università e Ricerca, Gaetano Manfredi, in apertura dell’incontro. L’iniziativa di traduzione così come l’impegno di rav Sacks rappresentano “la capacità di portare idee antiche, profonde, solide nel presente, grazie agli strumenti della modernità”, ha affermato il ministro. E il concetto di fare sintesi tra tradizione e modernità, tra ebraismo e mondo esterno incarnato dal rav, è stato richiamato anche dal presidente del Cnr Massimo Inguscio, così come dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “Rav Sacks è l’esempio per antonomasia della sfida di saper condividere il pensiero ebraico con il contesto esterno, una sfida di cui il progetto di traduzione del Talmud fa pienamente parte e di cui siamo orgogliosi”, ha sottolineato la presidente UCEI, ricordando come in questi giorni si celebri la festa di Chanukkah. “Una festa che incarna la difesa della libertà religiosa, che non è assolutamente scontata. Non lo era allora non lo è oggi”, ha aggiunto Di Segni. Un monito più volte richiamato nei suoi innumerevoli interventi da rav Sacks, spaziando dal rischio di una secolarizzazione coatta di tutta la società, alla minaccia della distorsione del messaggio religioso presente nei diversi estremismi e al centro del suo libro Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa (Giuntina).
“Rav Sacks aveva l’intuito per capire quali sono i temi essenziali, quali corde far vibrare. Grazie alle sue intuizioni e rappresentazioni abbiamo un grandissimo materiale da studiare per crescere noi stessi e crescere nel confronto”, ha ricordato rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e presidente del Progetto Talmud. Esempio di questa capacità da parte del rabbino inglese di intuire i temi del presente, un episodio raccontato proprio da Di Segni. Nel 2010, in occasione della visita dell’allora papa Ratzinger al Tempio maggiore di Roma, Di Segni decise di chiamare Sacks per raccogliere suggerimenti su quali argomenti affrontare con il pontefice. “Dopo pochissimi secondi di riflessione mi rispose di parlare della fraternità e della fratellanza nella Genesi: da Caino e Abele, in cui un fratello ammazza l’altro, fino alla storia del dramma di Giuseppe e della sua risoluzione. Per rav Sacks questo tema della Genesi rappresentava un grande insegnamento per il presente, perché deve segnare la strada in cui i fratelli smettono di ammazzarsi a vicenda, scegliendo la riconciliazione. – il racconto di rav Di Segni – E lui mi suggerì di affrontare questo problema durante la visita del papa. Cosa che feci. Fui sorpreso dalla reazione del papa emerito, che, quando toccai questo argomento, abbandonò la sua posa ufficiale e fece segni entusiastici di assenso”.
Della posizione centrale dell’educazione nel pensiero di rav Sacks hanno parlato diversi relatori, da rav Moshe Sebbag, rabbino capo della Grande Synagogue de la Victoire, al direttore de La Repubblica Maurizio Molinari, da Stefania Giannini, vicedirettrice generale Unesco, a Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat. “Rav Sacks sapeva come trattare i problemi del mondo contemporaneo, sapeva trasmettere il suo messaggio e proprio la trasmissione aveva un ruolo centrale nel suo pensiero”, ha spiegato rav Sebbag. “L’educazione, nelle parole di Sacks, rappresenta la base della dignità umana, di una società libera e democratica”, ha aggiunto Giannini. Ma è anche, come ha richiamato Molinari, antidoto contro l’ignoranza e uno strumento “per ritrovare lo spirito di collettività, il senso di comunità, il riconoscere la necessità dell’altro”. Dimensioni che hanno perso forza, a fronte di un rafforzamento dei linguaggi dell’odio, dell’antisemitismo, delle divisioni, sempre apertamente sfidati e contrastati dal rabbino inglese. “Sacks aveva compreso bene l’insicurezza di questo mondo, la sua frammentazione, il riemergere di tribalismi e delle guerre di identità – ha spiegato Milena Santerini, coordinatore in Italia per la lotta all’antisemitismo – Contro tutto questo, aveva creato una vera e propria comunicazione dell’identità che non fosse in contrapposizione con l’altro”. Aveva trovato un modo, come hanno sottolineato Elena Loewenthal, Michel Rosenfeld e Giulio Busi nei loro interventi, di fare una sintesi tra l’universalismo e il particolarismo, evidenziando come nessuno dei due principi sia sostenibile da solo. “Per Sacks uno dei concetti fondamentali è la responsabilità – ha evidenziato Loewenthal, direttrice del Circolo dei Lettori di Torino e traduttrice – In ebraico responsabilità si dice Achraiut, una parola che rappresenta una condizione esistenziale, in cui è impregnata la parola altro (Acher), in cui l’idea di alterità è quindi sempre presente”. Come a dire che siamo responsabili per noi stessi così come per l’altro da noi. Anche perché tutti “siamo fatti a immagine di Dio, anche coloro che non ci piacciono – le parole del giurista Rosenfeld, docente della Cardozo School of Law – Non è quindi tollerabile un mondo di divisioni, minacciato dal totalitarisimo, dal populismo che considera che va bene solo chi la pensa come noi, mentre gli altri vanno esclusi”. Non è tollerabile e neanche giustificato l’estremismo religioso, a cui Sacks ha dedicato il citato Non nel nome di Dio, richiamato da Shulim Vogelmann. “Una delle più grandi intuizioni di questo libro, oltre all’idea di riportare al centro del dibattito la religione, – ha affermato l’editore di Giuntina – è l’invito alle grandi religioni monoteiste di trovare la forza di leggere i propri testi in chiave positiva. I testi sono fatti per essere interpretati, e se lo facciamo con lo spirito di avvicinarci all’altro, allora troveremo le indicazione per la strada della convivenza”. Richiamando l’esempio portato da rav Di Segni, Vogelmann ricorda come in Non nel nome di Dio sia evidenziato il ruolo dei fratelli. Da Caino e Abele si arriva fino a Moshe e Aronne, in una sorta di percorso a tappe intermedie verso la collaborazione: dal fratricidio alla piena cooperazione, dimostrazione di come la via, pur accidentata, della convivenza sia possibile se si opera una scelta consapevole.
Un esempio dunque delle tante lezioni del rav Sacks, che, ha sottolineato Meni Even Israel, figlio di rav Adin Steinsaltz, “non dobbiamo dimenticare come ci abbia fatto dono del suo tempo. Lui e rav Steinsaltz avevano in comune la capacità di rendere le cose accessibili a tutti e allo stesso tempo il desiderio di farlo. Non dobbiamo dare per scontato il fatto che ci abbiano regalato il loro tempo”. L’affinità di questi due grandi personaggi, scomparsi quest’anno, è emersa anche dalle parole della direttrice del Teatro Franco Parenti Ruth Andrée Shammah e della direttrice del Dipartimento Europa dello Yad Vashem Simonetta Della Seta. “Rav Sacks e rav Steinsaltz hanno avuto la grande capacità di guidare intellettualmente il popolo ebraico, riuscendo a raccontare all’esterno quanto di universale c’è nella cultura ebraica, ma anche aiutando gli ebrei ad aprirsi e rafforzarsi al proprio interno”. E ancora, ha ribadito in chiusura Clelia Piperno parlando di Sacks, il grande Maestro ha saputo ricordarci “l’importanza di parlare alle persone, di non lasciare nessuno solo, un messaggio ancor più significativo in questo periodo storico di isolamenti e solitudini forzate”.

dr