I pescatori di Mazara

Dopo 108 giorni sono stati finalmente liberati i diciotto pescatori di Mazara del Vallo catturati dalla Guardia Costiera Libica e presi in ostaggio delle forze del generale Khalifa Haftar. Con l’augurio che i giorni passati in prigionia non siano stati troppo sofferti, stupisce però come questa legittima battaglia sia stata strumentalizzata a dovere dalla destra nostrana e abbia preso la consueta piega sovranista. Più volte i vari social networks e quotidiani di quest’area hanno parlato di “nostri connazionali” e di “pescatori italiani” senza troppe distinzioni. In realtà fin da subito era noto che dei diciotto pescatori solo otto sono cittadini italiani, i restanti sono per lo più tunisini – Mazara del Vallo ospita una numerosa comunità di immigrati tunisini, sia regolari che non, i quali lavorano soprattutto nella marineria locale -, senegalesi ed indonesiani. Ciò non cambia di una virgola la felicità per la loro liberazione, anzi questo dovrebbe dimostrare come oltre alle cronache quotidiane, vi siano comunità di immigrati ben integrati che contribuiscono all’economia della penisola e condividono anche in tali situazioni le stesse sorti degli autoctoni. Un’ovvietà che purtroppo talvolta va rimarcata. Ma sulla stessa linea dell’ultimo Setirot di Stefano Jesurum, ciò differenzia i pescatori mazaresi in qualcosa di diverso da coloro che arrivano sulle nostre coste con i barconi (o sono prigionieri nei campi libici)? E magari qualcuno di loro, non lo sapremo forse mai, arrivò proprio in Italia così.

Francesco Moises Bassano