Netanyahu-Gantz, serve un’intesa
per evitare il ritorno al voto

Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il leader di Kachol Lavan Benny Gantz avevano trovato un accordo per posticipare l’approvazione del bilancio di alcuni giorni e cercare di salvare il salvabile, evitando nuove elezioni. La crisi di fiducia tra i due partiti, e in particolare interna a Kachol Lavan, sembra però un ostacolo insormontabile. Nella proposta d’intesa una delle clausole prevedeva di togliere al ministro della Giustizia – al momento, Avi Nissenkorn – il potere di scegliere il prossimo procuratore generale dello Stato; inoltre, veniva introdotto un meccanismo per cambiare la modalità di scelta dei giudici della Corte Suprema e dare sostanzialmente potere di veto ai membri del Likud. Un piano che sta trovando molte resistenze all’interno di Kachol Lavan, con diversi membri che da giorni chiedono di staccare la spina al governo e di abbandonare l’alleanza con Netanyahu. Discorsi simili a quelli fatti alcune settimane fa da esponenti del Likud, a dimostrazione del rapporto costantemente conflittuale tra le due anime dell’esecutivo. Netanyahu e Gantz hanno poco tempo per trovare la quadra: se non dovesse esserci un’intesa almeno per ritardare l’approvazione del Bilancio, il cui termine è previsto per il 23 dicembre, il parlamento sarà sciolto automaticamente e si tornerà alle urne a fine marzo. I due leader vorrebbero evitarlo visti i sondaggi poco favorevoli per entrambi, seppur in maniera diversa. Netanyahu, dopo l’uscita dal suo partito di Gideon Saar, nelle proiezioni ha perso diversi seggi, scendendo a 27. Per Gantz le previsioni invece sono ancor peggiori: il suo partito rischia di non superare nemmeno la soglia per entrare alla Knesset. Nonostante questo, molti dei suoi compagni preferiscono rischiare le urne piuttosto che rimanere legati a Netanyahu. Accusano quest’ultimo di agire solo per proteggersi dai tre processi in cui è imputato e di non pensare al bene del paese. Tra loro, oltre al citato Nissenkorn, almeno altri quattro esponenti di Kachol Lavan, pronti a votare contro l’intesa. Questa contrarietà si tradurrebbe in una bocciatura del provvedimento che vuole spostare il termine per l’approvazione bilancio: con il voto contrario dei ribelli di Kachol Lavan, più i fuoriusciti dal Likud legati a Saar, il patto Netanyahu-Gantz non avrebbe la maggioranza e quindi le quarte elezioni sarebbero inevitabili. “Non c’è stato nessun altro governo d’Israele che abbia saccheggiato la Knesset, sminuito i suoi cittadini e danneggiato il tessuto della vita democratica e statale come questo”, ha accusato Saar, già in clima elettorale. “I cittadini di Israele meritano un governo che abbia a cuore il loro bene e quello dello Stato”. Un affondo che in questa schizofrenia politica colpisce nel segno. Nelle prossime quarantotto ore si capirà se Netanyahu e Gantz riusciranno ad evitare – forse solo a ritardare – l’ennesima crisi politica di un paese che ha bisogno più che mai di un governo stabile.