Oltremare
Uccelli liberi
e meno liberi

Uno dei vantaggi del vivere in un moshav è sicuramente la natura che circonda le case, soprattutto nella zona dove vivo io una natura in parte molto umanizzata, coltivazioni che ciclicamente cambiano, fino a tre volte nel giro di un anno, e anche in parte del tutto vergine. A poche centinaia di metri da casa, per esempio, c’è un piccolo cratere – non come al sud vero, niente di paragonabile al Makhtesh Ramon, ma pur sempre un grande buco di forma quasi circolare, che essendo in zona relativamente fertile è ricoperto di vegetazione ed è meta di animali che ci fanno il nido o la tana. Dalle pendici del cratere si vedono voli incredibili di uccelli, che sfruttano mini-correnti d’aria create dal dislivello fra il bordo e il fondo del cratere – un centinaio di metri in tutto, ma a pendenza anche estrema in alcuni punti. Si rincorrono e si incontrano, proteggendo nidi invisibili al nostro occhio perché ricavati in piccoli anfratti nella roccia. La strada statale è a meno di un chilometro in linea d’aria, ma in questa piccola oasi quasi intatta gli unici suoni che si possono sentire sono quelli del vento e il cinguettio degli uccelli.
L’olfatto invece, quello a volte è un senso molto meno felice accanto al cratere, perché senza alcuna soluzione di continuità, a pochi metri dello strapiombo e dai voli acrobatici senza rete di uccelli liberi come l’aria, c’è un puzzolentissimo allevamento industriale di polli, i cugini pennuti sfortunati e molto meno liberi. Persino nel giorno peggiore di smog in città – e ce ne sono, di giorni in cui nel centro d’Israele si sente l’odore di ciascun tubo di scappamento – nulla è paragonabile a quel momento in cui gira il vento e nel bel mezzo di una bella passeggiata nella natura ti trovi all’improvviso sottovento ai ventilatori dell’allevamento e non c’è nulla da fare salvo continuare a camminare tappandosi il naso, scegliendo con attenzione la direzione. Fuori da quella corrente di odore acre e tremendo più presto possibile, anche per via di teletrasporto se necessario.
Per fortuna, gli allevamenti più piccoli che una volta erano anche all’interno del perimetro del moshav sono stati smantellati da anni. Che non si dica che il progresso non passa per l’Israele rurale. Ora certo, la cosa migliore sarebbe chiuderli tutti, quegli scatoloni pieni di polli destinati a fare una fine tremenda, ma temo che per quello ci vorrà ancora del tempo. Intanto in Thailandia già si mangia carne di pollo coltivata in laboratorio, e chissà che per una volta la Thailandia non esporti in Israele innovazione invece di braccia per l’agricoltura.

Daniela Fubini

(21 dicembre 2020)