Dopo il Diluvio
Siamo tutti in attesa che si esaurisca il Diluvio universale/Covid-19. Per emergere dalla quotidiana angoscia da lockdown proiettata sulle riduzioni drastiche di cene, incontri e brindisi di fine anno alle quali per fortuna dall’esterno guardiamo con una buona dose di disincanto (ma cosa c’è da festeggiare, con questo clima?), l’unica vera spinta a procedere è l’uscita dall’incubo o se si vuole dal tunnel, in fondo al quale poter ritrovare la luce del nostro mondo precedente. Sempre più la vita è divisibile in pre-covid e post-covid, l’unica meta verso la quale siamo tutti proiettati.
Di sicuro, terminato il Diluvio, a capofitto riprenderemo tutto come prima. Ovverosia non abbiamo capito niente, perché niente sarà davvero come prima. Come accadde dopo il Diluvio vero e proprio, inizieremo a (ri)costruire la nostra Torre di Babele, che ancora una volta inevitabilmente crollerà sulle macerie della sua vacuità. Al di là dei toni profetici, la pandemia nella quale siamo ancora profondamente immersi richiede drastici mutamenti di orizzonte, che un mondo miope e abitudinario stenta a intravedere.
Il dopo-covid dovrà essere un tempo diverso. Un tempo per ripensare le relazioni col prossimo, per renderle meno strumentali, più calde e costruttive. Un tempo per riformulare gli obiettivi comuni, per raggiungere una collaborazione collettiva nell’effettivo interesse dell’insieme sociale e non a vantaggio di settori privilegiati. Un tempo per cogliere i nostri limiti umani e modulare su quelli le nostre ambizioni. Un tempo per abbracciare con sguardo filosofico una realtà sempre più fragile ed esposta, per imparare finalmente a concentrare il pensiero su noi stessi e sulla nostra ricchezza interiore, storica, culturale più che sullo sfruttamento intensivo del pianeta.
Dovremmo proprio riuscire a mutare prospettiva, perché il covid è in più direzioni un inquietante campanello d’allarme per la nostra civiltà. Altrimenti, come sui divertenti flipper di quando ero ragazzino, anche sul nostro mondo comparirà presto la scritta “Game over”.
Temo però che l’atteggiamento generale non cambierà, e visto dall’esterno il dopo-covid apparirà identico all’ante-covid. E perché l’uomo continuerà ostinatamente a ripetere i sui errori? “The answer, my friend, is blowing in the wind”, come cantava Bob Dylan molti anni fa.
David Sorani