Censimenti e registri

Liste di nomi, genealogie di famiglie. La Torà ne è piena. Nella parashà di questa settimana incontriamo il primo lungo elenco dei figli di Israele (inteso come Giacobbe). Rashì spiega all’inizio di Shemot che il ripetersi dei conti esprime l’amore che l’Eterno nutre verso il Suo popolo, come una persona che si guarda e riguarda le cose che apprezza.
Di certo, censimenti e registri sono una mano santa per tutti i ricercatori che ne traggono un’infinità di informazioni utili.
Quanto darebbe uno storico delle società ebraiche per poter ricostruire con precisione il grado di adesione di una specifica comunità alle preghiere pubbliche? Ci si arriva per approssimazione, aggregando insieme una serie di dati che si acquisiscono da fonti parallele. Registri delle famiglie appartenenti alle varie scole, tavolette con i nomi dei capifamiglia per segnare le mizvot assegnate durante le tefillot, o magari solo le liste dei minianisti, a cui era corrisposto un piccolo obolo per la loro partecipazione alle preghiere. Un dato che la dice lunga sul fatto che a stento si arrivasse a 10 maschi nei giorni feriali.
L’altra mattina, recatomi a tefillà, mi sono reso conto che i nomi di tutti i partecipanti, come è naturale, venivano trascritti su un quaderno, per ovvi motivi di tracciamento dei contatti. In alcune realtà questo avviene in modo telematico in altri posti, segnati a mano su registri.
Non so se la legge sulla privacy lo permette, ma conservare questi dati presso gli archivi delle nostre comunità, chissà, potrebbe essere un piccolo contributo un giorno alla ricostruzione della vita ebraica in questo lungo periodo così curioso.

Rav Amedeo Spagnoletto, direttore Meis