Oltremare – Feste
Finché vivevo in Italia, i giorni sotto il 25 dicembre di solito coincidevano con attività sociali molto intense: campeggi invernali e sciate con decine di altri ebrei, oppure vacanze in montagna (e sciate) con la famiglia. Il periodo festivo lo si vedeva comunque, nelle decorazioni per le strade e nei negozi, negli alberelli pieni di palline colorate che non mi hanno mai attirata particolarmente, e nei presepi che invece per me quando ero piccola erano una cosa interessantissima, con tutte quelle figurine ciascuna sempre presente, tutte con un senso e un posto preciso. Se mi capitava di entrare in una casa di amici cattolici sotto le feste – ed era una cosa rara – cercavo sempre quell’angolo illuminato, mi fermavo a guardare gli animali e la finta vegetazione, e non capivo perché nessun bambino ci giocasse, con quel ben di dio di bamboline vestite strane, che sembravano messe lì apposta per inventarsi storie.
Una volta cresciuta, i presepi sono scomparsi dal mio orizzonte natalizio, e sono stati sostituiti dalle vetrine iperboliche di Macy’s, negli anni a New York, e dalle ubique canzoncine che gli americani sono capaci di far partire già a metà novembre, neanche il tempo di far passare il Giorno del Ringraziamento, e che colano nelle orecchie come melassa appiccicosa e irrefrenabile. La cosa bella del Natale a New York però, era la tradizione del “Chinese and a movie”: una specie di celebrazione alternativa, in un giorno che era comunque di festa per tutti, con orde di ebrei che riempivano i ristoranti cinesi (pochi, ma alcuni perfino kasher) per poi trasferirsi nei cinema o a proiezioni private di film culto, con una spiccata preferenza per Woody Allen, negli anni precedenti agli scandali di famiglia, dopo i quali la sua popolarità presso la New York ebraica scese a picco.
Adesso che sono in Israele, del Natale quello che manca davvero è il lato gastronomico e calorico, soprattutto quest’anno in cui è stato impossibile raggiungere i dolciumi tradizionali come in un anno normale. Per il resto, trovo meraviglioso che le canzoncine americane piene di nevicate e di appiccicosa bontà stagionale non siano state capaci di attraversare l’oceano. Qui fine dicembre è una stagione strana, in cui può piovere a cascate dal cielo oppure essere così secco da far rimpiangere il chamsin d’estate. Ma neve e renne e bambini temporaneamente angelici in attesa di regali proprio non son di casa.
Daniela Fubini