Periscopio – Elezioni

Non so se, nei libri di storia di un futuro più o meno prossimo, il 2021 sarà ricordato come l’anno del Covid o piuttosto come quello del primo, evidente segnale di svalorizzazione di quello che, da un paio di secoli, è considerato il cuore della democrazia, ossia il voto popolare.
Siano esse riservate a tutti, o soltanto a chi goda di determinati requisiti di etnia, censo, genere, non è mai stato posto in dubbio che, se non ci sono le libere elezioni, la democrazia non ci può essere. E, anche se esse non sono certo la condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza della democrazia, tutti convengono che ne rappresentano comunque il momento più alto, solenne, simbolico.
Solo le libere elezioni, all’interno di un quadro fermo e stabile di regole condivise da tutti, sono infatti in grado di legittimare l’esercizio del potere da parte dei governanti. Solo esse sono in grado di garantire l’alternanza di governo, di permettere un confronto libero e pacifico, di tradurre la “vox populi” in indirizzo politico e in scelte operative. Chi vince governa, chi perde controlla e si prepara per la rivincita.
È ancora così? Non direi proprio, e le recenti vicende di due grandi Paesi, di solidissima tradizione democratica, sembrano, purtroppo, confermarlo.
Il primo sono gli Stati Uniti. Una larga parte dell’elettorato ha mostrato chiaramente di dare alle elezioni presidenziali un valore completamente nuovo e diverso, mai concepito prima. Non si doveva votare per vedere chi prevalesse, ma solo per confermare la vittoria di chi già si sapeva che avrebbe dovuto vincere, anzi, che aveva già vinto, per decreto divino (e a cui solo gli imbrogli dei “poteri forti” hanno strappato, formalmente, la palma della vittoria). Ne ha dato eloquente dimostrazione quel grande genio della politica che è Edward Luttwak – di casa sui nostri schermi televisivi – che ha testualmente detto, in un’intervista a www.lachirico.it, ripresa poi da altri giornali, all’indomani delle elezioni, le seguenti, illuminanti parole: “Anche in caso di vittoria di Biden, il trumpismo ha vinto. Le idee del Presidente sono più forti di prima, ogni americano con un lavoro e una famiglia vota Trump”.
Geniale. Ma che inaudito spreco di soldi e di tempo, signor genio! Chi gliel’ha fatta fare, al suo beniamino, di girare in lungo e in largo il suo immenso Paese, per cimentarsi in una competizione completamente inutile? Inutile per due motivi: primo, perché, in ogni caso, come lei dice, avrebbe comunque vinto. Secondo, perché, in ogni caso, avrebbe comunque perso (perché è ovvio che i senza lavoro e i senza famiglia – studenti, disoccupati, licenziati, cassintegrati, precari, pensionati, casalinghe, separati, single, fidanzati, gay, vedovi, preti, misantropi ecc. -, messi tutti insieme, sono molti di più).
Il secondo – e figurarsi con quanta amarezza lo dico – è Israele. Ormai buona parte delle forze politiche e dell’opinione pubblica pare essersi rassegnata al fatto che dalle elezioni non uscirà mai nessun governo, oppure, nel caso dovesse nascere, sarebbe subito strozzato nella culla. Si voterà di nuovo il 23 marzo, ma già tutti si stanno preparando per la successiva tornata, da temersi probabilmente in agosto. Ho scritto “rassegnata”, ma non è proprio così, perché – ed è questa la cosa più paradossale – molti, dentro e fuori del Paese, sembrano felicissimi di questa situazione. Da non pochi commenti, infatti, emerge la grande soddisfazione scaturente dalla previsione che, se il partito preferito non vincerà (anzi, perderà, in quanto prenderà meno voti di quanti ne abbia raccolti la volta scorsa, pochi mesi fa), gli altri, i “cattivi”, perderanno ancora di più. Ci sarà qualcuno che vincerà, è vero, ma non tanto da avere la maggioranza. Coalizioni, accordi, trattative? Ci saranno, ma solo per perdere tempo. E allora, che si farà? Ovvio, si andrà votare. E il Premier in carica, in questo modo, potrebbe restare in sella, “pro tempore”, anche per decenni. Irresponsabilità? Prevalenza di egoismi di parte? Mancata considerazione del bene comune? Spreco di denaro pubblico? Paralisi politica? Tragedia? Farsa? Sceneggiata? Ma no, tranquilli, solo un lungo, salutare bagno nelle acque catartiche e purificatrici del suffragio universale, limpida sorgente di democrazia pura.

Francesco Lucrezi

(30 dicembre 2020)